Dopo il viaggio nello spazio di uno dei due si era scoperto che i gemelli Scott e Mark Kelly non erano più identici. E infatti l'obiettivo di quella missione era proprio capire gli effetti dello spazio su un corpo
Dopo il viaggio nello spazio di uno dei due si era scoperto che i gemelli Scott e Mark Kelly non erano più identici.E infatti l’obiettivo di quella missione era proprio capire gli effetti dello spazio su un corpo. Adesso una ricerca spiega come il Dna degli astronauti nello spazio dia vita ad un vero e proprio spettacolo pirotecnico, con una ‘esplosione’ di geni che si accendono e spengono grazie ad un processo chimico chiamato metilazione. Questa scoperta, che dimostra come i viaggi spaziali interferiscano direttamente con l’espressione del Dna umano, è tra i risultati preliminari dello studio dei gemelli spaziali, svelati un mese fa sul sito della Nasa.
“Una delle cose più entusiasmanti che abbiamo visto studiando l’espressione dei geni nello spazio è che si verifica un’esplosione, come fuochi d’artificio, non appena il corpo umano arriva nello spazio”, racconta il responsabile della ricerca Chris Mason, della facoltà di medicina della Cornell University a New York. “Grazie a questo studio abbiamo visto migliaia e migliaia di geni che cambiano il modo in cui vengono accesi e spenti. Ciò accade non appena gli astronauti arrivano nello spazio, e parte di questa attività persiste temporaneamente anche dopo il ritorno sulla Terra“.
I ricercatori lo hanno verificato analizzando il genoma dell’astronauta Scott Kelly, rimasto per 12 mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss). Al suo rientro, nel marzo del 2016, le analisi si sono intensificate, per permettere un confronto sempre più dettagliato con i campioni biologici prelevati dall’altro gemello rimasto a Terra, Mark. “Questo studio – commenta Mason – rappresenta una delle osservazioni più complete della biologia umana: pone davvero le basi per comprendere i rischi molecolari associati ai viaggi spaziali e per trovare nuovi modi per prevenire e correggere questi cambiamenti genetici”. Per conoscere i risultati finali del Twin Study, però, bisognerà attendere ancora fino al 2018.
L’articolo sul sito della Nasa
Foto di archivio