Uno stereotipo di genere ha bisogno di te per sopravvivere, ma tu non hai bisogno di lui per vivere, solo che non lo sai e gli permetti di condizionarti impunemente nella vita di tutti i giorni.
Nella quotidianità delle relazioni intime tra uomini e donne, tante sono le cose che ci si sente obbligati a dimostrare, in primis l’essere abbastanza uomo e l’essere donna. Poco comune il parlare dell’essere abbastanza donna, una donna è considerata tale a prescindere di solito, difficilmente viene accusata di non esserlo, al massimo si crede che vada forzata ad essere come un uomo si aspetta che lei debba essere.
Per un uomo è più facile credere che non lo sia “abbastanza”, deve dimostrarlo, una donna non deve, le viene richiesto di aderire a quei comportamenti che fanno in sostanza sentire l’uomo abbastanza uomo. Come se non ci fosse neanche spazio, non solo sociale e culturale, ma mentale, per pensare a una donna che non aderisca all’essere donna che la cultura patriarcale le ha creato e imposto.
Sarebbe bello non dover dimostrare niente che non sia già nella dinamica di un incontro tra un uomo e una donna, ma raramente ci si riesce. Gli stereotipi creano delle aspettative, uomini e donne sono fatti in certo modo e le loro interazioni devono confermarlo, altrimenti ci si sente spaesati, frustrati, persi, arrabbiati.
Le differenze sono importanti, non tutto è stereotipo, ma talvolta sembra che lo stereotipo sia tutto. Nelle relazioni viene negato uno spazio mentale e temporale per differenziare, fare la differenza tra quello che si vorrebbe realmente e quello che si è appreso bisogna volere per essere accettati da tutti.
Differire permette di porre dei limiti, il limite mi consente di fermarmi e tornare verso di me e quindi apre alla possibilità di ripensarmi. Quello che vedo dell’altro, o meglio come lo vedo, può darmi più informazioni più su di me che sull’altro. Il come gli uomini vedono le donne dice molto non del loro essere uomini, ma di che uomini vogliono essere. Mi riconosco in un genere nella misura in cui non mi riconosco nell’altro.
Educare alle differenze significa prendere atto che esistono e riguardano, atteggiamenti, comportamenti, modi di pensare, di vivere le emozioni e interagire tra di noi.
Il bisogno di cambiare l’altro è proporzionale all’incapacità di cambiare sé stessi, più voglio che l’altro cambi, più sto evidenziando che io non sono in grado di adattarmi. Anche l’adattarsi ha dei limiti certo, è per questo che le relazioni possono nascere, ma anche terminare e va bene così.
vignetta di Pietro Vanessi