La suprema corte ha accolto il ricorso del sostituto pg Gaeta, che fine della sua requisitoria aveva chiesto di annullare con rinvio le sentenze emesse nei confronti di Carmine Fasciani, della moglie Silvia Bartoli e degli altri imputati processati con rito ordinario. In appello, infatti, era caduta l'accusa di associazione mafiosa per gli imputati accusati di aver dominato le attività illecite del litorale romano
Un nuovo processo d’appello per il clan Fasciani di Ostia. Lo ha deciso la corte di Cassazione dopo quasi otto ore di camera di consiglio accogliendo il ricorso del sostituto procuratore generale della Cassazione, Pietro Gaeta. Alla fine della sua requisitoria, il pg aveva chiesto alla sesta sezione penale della Suprema corte di annullare con rinvio le sentenze emesse nei confronti di Carmine Fasciani, della moglie Silvia Bartoli e degli altri imputati processati con rito ordinario. Il 13 giugno 2016, emettendo una sentenza con dieci condanne e otto assoluzioni, i giudici della seconda sezione della corte d’appello di Roma avevano fatto cadere l’associazione mafiosa per gli imputati accusati di aver dominato le attività illecite a Ostia. Per i magistrati erano state provate le “capacità criminali”, ma non il metodo mafioso del clan..
Adesso, invece, il pg della Cassazione chiede di annullare quella sentenza e processare di nuovo gli imputati condannandoli per associazione di stampo mafioso e per associazione dedita al narcotraffico, ma con l’aggravante mafiosa. Criticando la sentenza d’appello, il sostituto pg ha affermato che la pronuncia “compie un suicidio logico perché c’è scollamento totale tra le premesse probatorie accertate, i risultati accertati e una motivazione che invece va in rotta di collisione non solo con le premesse sulle quali si fonda ma anche con altre sentenze passate in giudicato e relative agli stessi fatti”. Un passaggio che per il pg è fondamentale visto che “questo viola il principio dell’omogeneità dei giudicati che è un caposaldo nel rafforzare la certezza dei cittadini nella giustizia”. Ad avviso della pubblica accusa, inoltre, le motivazioni della sentenza d’appello lasciano “dolorosamente perplessi” anche perché ci si trova davanti “a una serie impressionante di atti intimidatori”. Tra questi le minacce alla giornalista Federica Angeli. “Vive sotto scorta da più di quattro anni, e lo ricordo a chi sostiene che a Ostia non esiste la mafia”, ha ricordato il pg-
La requisitoria di Gaeta ha incassato la “piena condivisione” delle parti civili: tra queste la Regione Lazio, Roma Capitale più varie associazioni antimafia e antiracket. Gli ermellini dovranno a questo punto dovrà decidere se confermare o meno le condanne, ridotte in appello, per i Carmine, Terenzio, Sabrina, Azzurra e Alessandro Fasciani, per Silvia Bartoli, moglie di Carmine, per Riccardo Sibio e per Jhon Gilberto Colabella. In secondo grado hanno tutti hanno riportato condanne superiori ai 5 anni. Carmine Fasciani e la moglie sono detenuti, ai domiciliari si trovano Sabrina e Azzurra Fasciani gli altri imputati sono liberi. Hanno fatto ricorso in Cassazione anche Luciano Bitti, Gilberto Inno, Mirko Mazzoni, Danilo Anselmi, Eugenio Ferramo: sono tutti liberi. In primo grado le condanne erano state di oltre 200 anni di carcere perché era stata contestata l’associazione mafiosa, poi esclusa in appello: Carmine Fasciani aveva ricevuto dieci anni di reclusione contro i 28 del primo grado, e la moglie Silvia Bartoli era passata da 16 a otto anni e mezzo. Una nuova sezione della Corte di Appello di Roma dovrà ora riesaminare la vicenda e attenersi al verdetto degli ermellini.