di Valerio Coppola
Gentile Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
io so che in questi giorni arriverà sulla Sua scrivania un testo di legge inerente le regole elettorali con cui si dovrà formare il prossimo Parlamento, per rappresentare tutti noi. Signor Presidente, io so che, come la Costituzione della Repubblica italiana prescrive, Sua sarà la scelta di firmare il testo o rimandarlo alle Camere.
Signor Presidente, io so che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha sancito che modificare la legge elettorale in prossimità delle elezioni costituisce un gravissimo vulnus ai diritti dell’uomo, e mina la salute democratica dello Stato. So pure che le sentenze della Cedu fanno diritto nella nostra Repubblica. Dunque so che se non vogliamo svuotare la legittimità della nostra architettura democratica e istituzionale, non dovrebbe essere affatto possibile approvare leggi elettorali, di alcun tipo, in questo momento.
Signor Presidente, io so che la legge è stata approvata dalle Camere solo in virtù di una lunga serie di strappi alle norme. So che il governo ha posto la fiducia su un provvedimento di iniziativa parlamentare. So che esistono validissime ragioni (che Lei certo conosce meglio di me) per cui molti ritengono che le leggi elettorali non potrebbero in assoluto essere approvate ricorrendo alla fiducia. So che alla Camera dei Deputati una contraddizione sostanziale nel testo è stata sciolta senza ricorrere al voto dell’Assemblea. E so, signor Presidente, che se Lei accetterà che una legge fondamentale per la democrazia rappresentativa possa nascere da una simile violenza delle regole, una volta di più tutti noi cittadini ci dovremo chiedere che senso abbia per noi rispettare quelle leggi e le istituzioni che da esse promanano, Lei compreso. E so che sempre più persone arriveranno a pensare: “Non ha nessun senso rispettarle”.
Signor Presidente, io so che, anche senza considerare tutte le distorsioni appena descritte, la maggioranza parlamentare che ha votato il testo, in realtà non è tale. E so che essa non è tale in virtù di una sentenza della Corte Costituzionale di cui anche Lei faceva parte, secondo cui l’attuale composizione delle aule parlamentari è viziata dai meccanismi incostituzionali di una legge non più esistente, per cui tale composizione è incostituzionale.
Signor Presidente, io so – e questo è pure più grave di tutto il resto – che nel merito del testo che arriverà alla Sua attenzione esistono elementi di dubbiosissima ammissibilità. So infatti che, solo per citare le questioni più gravi, elementi come il voto congiunto (tra collegio uninominale e liste per il proporzionale), o come le liste bloccate stesse, o come le pluricandidature, ebbene so che questi e altri elementi vanno a minare profondamente un principio costituzionalmente garantito quale la libertà e l’uguaglianza del voto dei cittadini.
Signor Presidente, io so che se anche questi dubbi di costituzionalità venissero aggirati grazie ad argomentazioni artificiose, cionondimeno questa legge produrrebbe una rottura ancor più forte dell’attuale, tra il popolo italiano e i suoi rappresentanti. Di più, so che nessuno mette in discussione il fatto che il calcolo dei seggi produrrebbe una rappresentanza estremamente difforme dal voto dei cittadini, distorcendo il responso popolare in una misura inaccettabile, prima di tutto dalla Costituzione e dal popolo stesso. So che anche questo aumenterà la disaffezione, se non proprio l’astio o l’odio, dei cittadini nei confronti di istituzioni che, pur non rappresentandone la volontà, decideranno ogni aspetto della loro vita.
Signor Presidente, io so che Lei queste cose le sa, e che le sa molto meglio di me. Io so che la decisione a questo punto è Sua. Signor Presidente Mattarella, quello che non so è ciò che dovrei pensare delle mie istituzioni, se il prossimo voto dovesse svolgersi con simili regole, scaturite da simili premesse. Davvero non so cosa dovremmo pensare.
Rispettosamente, un cittadino
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