I precari della scuola possono quasi festeggiare: è in arrivo già nella primavera 2018 il nuovo concorso riservato agli abilitati, che dovrebbe portare all’assunzione di almeno altri 30-40 mila professori in possesso del titolo per l’insegnamento. Tutti in cattedra, nessuno escluso visto che il bando – concepito come una sorta di “sanatoria” dal governo – non prevede alcuna soglia di sbarramento. Solo una prova orale e soprattutto una valutazione per titoli, per capire chi entrerà prima e chi dopo. E qui sono già iniziate le solite polemiche tra giovani e precari storici, visto che l’orientamento del Ministero dell’Istruzione sembra quello di penalizzare i primi e privilegiare i secondi, come già successo più volte negli ultimi anni.
Ecco la “fase transitoria” – In questi giorni il Miur sta lavorando al decreto che dovrebbe autorizzare l’avvio della cosiddetta “fase transitoria” per l’assunzione degli abilitati. Con l’ultima riforma, infatti, in futuro cambierà il sistema di reclutamento nella scuola: niente più abilitazioni e concorso, ma un unico corso-concorso triennale chiamato percorso “Fit” (Formazione iniziale e tirocinio), in cui gli aspiranti docenti dopo aver superato una prova di selezione a numero chiuso studieranno e faranno apprendistato pagato per tre anni, prima di essere assunti a tempo indeterminato. Il nuovo meccanismo andrà a regime dopo il 2020, intanto però ci sarà una finestra per i precari rimasti fuori dall’ultimo concorsone 2016, che avranno la possibilità di accedere direttamente all’ultimo anno del percorso triennale e quindi al posto fisso.
Bando a inizio 2018 – Nelle intenzioni di viale Trastevere i tempi dovrebbero essere abbastanza serrati: il decreto a novembre sarà inviato al Consiglio superiore per l’istruzione, per essere pubblicato entro la fine dell’anno; quindi a inizio 2018 il bando, e la prova del concorso già a fine primavera (non prima di giugno, però, perché per i commissari non è previsto esonero dal lavoro, dunque bisognerà aspettare il termine dell’anno scolastico). Si comincerà con gli abilitati, ovvero tutti i docenti precari in possesso dell’abilitazione all’insegnamento, ottenuta tramite Tfa (Tirocinio formativo attivo) o la “sanatoria” dei Pas (Percorsi abilitanti speciali): in tutta Italia dovrebbero essere tra i 30mila e i 40mila. Solo in un secondo momento (nel 2019?) toccherà anche ai non abilitati con un’anzianità di 36 mesi di servizio alle spalle.
Decisiva l’anzianità di servizio – L’ultima bozza stilata dal Miur – di cui ilfattoquotidiano.it è in possesso – chiarisce oltre ai tempi anche le modalità del concorso. Alla prova orale (la simulazione di una lezione) sarà riservato solo il 40% del punteggio; previsto anche un colloquio in lingua straniera, che però conterà appena per 3 punti su 100. Tutto o quasi, dunque, si giocherà sulla valutazione dei titoli. Secondo la tabella ministeriale il peso del servizio sarà decisivo, aumentando con l’aumentare dell’anzianità: i primi due anni valgono 2 punti, dal terzo anno i punti diventano 5. Un metro di giudizio che sicuramente penalizzerà gli abilitati più giovani, che hanno pochi anni di supplenze alle spalle ma sono anche gli unici ad aver già superato un concorso – quello del Tfa – per cui rivendicano da tempo il diritto all’assunzione). Molto valorizzato anche il dottorato, valutato addirittura 20 punti. Lo scontro fra bande di precari (in particolare tra Tfa e Pas) che ha caratterizzato gli ultimi anni è destinato insomma a riaccendersi, come lasciano intendere le parole di Sara Piersantelli, presidente del Coordinamento Tfa: “Ci sembra che ancora una volta, con un’impostazione sindacale, vengano favoriti i precari storici, che però hanno già avuto tante occasioni per entrare in ruolo”. Per tutti, comunque, è solo questione di tempo: quando saranno esaurite le graduatorie del Concorsone 2016 (forse già a settembre 2018), se la “fase transitoria” sarà ultimata in tempo toccherà a loro essere assunti. Stavolta senza vinti e vincitori.
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