La seconda carica dello Stato lo ha comunicato con una nota poche ore dopo l'approvazione della legge elettorale. "Una scelta che ci amareggia", commenta il ministro e vicesegretario Maurizio Martina. Il capogruppo Zanda: " Mi ha detto che non condivide la linea politica del partito e, in particolare, le decisioni sulla legge elettorale". Solo ieri in Aula, interpellato da Crimi (M5s) che gli chiedeva le dimissioni, aveva risposto: "A volte è più difficile restare che andarsene"
Dentro Denis Verdini, fuori Pietro Grasso. Tutto nello stesso giorno. Sono le porte girevoli del Pd che perde la seconda carica dello Stato ma acquisisce una volta di più il sostegno dell’ex braccio destro di Silvio Berlusconi. Nella stessa giornata in cui Verdini ha preso la parola in Senato, rivendicando il suo ruolo fondamentale per far passare i principali provvedimenti dell’esecutivo, Grasso ha rassegnato le dimissioni dal gruppo dem a Palazzo Madama: da oggi passa al Misto.
L’annuncio è contenuto in una nota che non specifica le motivazioni. È un fatto, però, che l’ex magistrato abbia dato comunicazione della sua decisione solo poche ore dopo l’approvazione definitiva della legge elettorale. Una legge votata a colpi di fiducia – con il fondamentale apporto degli stessi Verdiniani – e a pochi mesi dalla campagna elettorale per le politiche. “La motivazione della scelta del presidente Grasso di lasciare il gruppo parlamentare del Pd la capiremo nei prossimi giorni, certo è una scelta che amareggia, non c’è nessun dubbio. Se il tema fosse quello della legge elettorale, sono convinto che avremmo buoni argomenti per spiegare il perché delle nostre scelte”, ha commentato il ministro alle politiche agricole e vicesegretario del Pd Maurizio Martina.
In realtà a spiegare le motivazioni dell’addio di Grasso è il capogruppo del Pd Luigi Zanda. “Per me è stata una notizia inaspettata e in nessun modo prevedibile – dice il capo dei senatori Pd – Per quanto mi ha detto Grasso si è dimesso dal gruppo del Pd principalmente perchè non condivide la linea politica del partito e, in particolare, le decisioni sulla legge elettorale. Mi ha detto che se non fosse stato presidente del Senato e avesse dovuto votare, non avrebbe votato nè la legge, nè la fiducia sugli articoli”. Zanda racconta poi di avere chiesto a Grasso “la settimana scorsa a nome del partito di candidarsi in un collegio da lui scelto alle prossime elezioni politiche. Mi ha detto che doveva pensarci, ma non ho mai avuto l’impressione di una sua distanza dal Pd”. A Grasso è arrivato un messaggio da Andrea Orlando, in cui il ministro della giustizia sottolinea come la “scelta che priva il Pd di una figura di riferimento importante per la storia personale svolta con prestigio a servizio delle istituzioni repubblicane”. “Rispettiamo la scelta del presidente Grasso. E ovviamente non trascineremo la seconda carica dello Stato nello scontro politico”, commenta invece il presidente del Pd, Matteo Orfini.
Solo ieri in Aula, durante la discussione con il Rosatellum, il senatore M5s Vito Crimi aveva invitato Grasso a dimettersi per protestare contro la decisione del governo di mettere la fiducia “per non rendersi complice” e potersi così appuntare una medaglia al petto, anche rispetto alla “sua Sicilia“. Il presidente a quel punto aveva replicato netto: “Non ho bisogno di medaglie ma ho il senso delle istituzioni. Come tutti sanno il motivo per cui non ho accettato la candidatura in Sicilia è stato per potere continuare, con senso delle istituzioni, a espletare la mia funzione in quest’assemblea”.
E poi, quasi anticipando la scelta compiuta oggi, aveva aggiunto: “In questo momento io faccio il presidente del Senato e vado avanti con il mio compito. Quali che siano le mie decisioni personali e le mie intime motivazioni posso dire che può anche essere più duro resistere e continuare, piuttosto che abbandonare con una fuga vigliacca. Si può esprimere il malessere, ma non è detto che, quando si ha il senso delle istituzioni, si debba obbedire ai propri sentimenti. È chiaro?”. Probabilmente adesso sì, le sue parole sono molto più chiare. Crimi, però, non rinuncia ad attaccare l’ex procuratore antimafia (che è stato eletto presidente del Senato nel 2013 grazie ai voti di alcuni senatori pentastellati) anche dopo le dimissioni dal gruppo Pd: “Forse poteva farlo prima – dice il grillino – Forse poteva fare qualche gesto un pò più importante, come abbiamo più volte detto. Oggi è tardivo. Troppo tardivo“. Per l’altro pentastellato Danilo Toninelli l’addio al gruppo dem da parte di Grasso è invece “una presa in giro colossale. Avesse avuto coraggio si sarebbe dimesso da presidente prima delle fiducie”.
Nelle ultime settimane alcuni retroscena avevano ipotizzato il fatto che stesse valutando di candidarsi con altre forze politiche e in particolare con gli ex Pd poi confluiti in Mdp. In quell’occasione Grasso non aveva mai commentato nel merito e le valutazioni erano cadute nel vuoto, anche se adesso i primi ad esultare per sono proprio i bersaniani. “Chi serve lo Stato si trova spesso dinanzi a scelte difficili ed è proprio per questo che apprezzo il senso delle istituzioni sempre dimostrato dal presidente del Senato. Rispetto profondamente la decisione di lasciare il gruppo del Pd dopo le ultime gravissime scelte compiute. La politica ha oggi più che mai bisogno di buoni esempi“, dice Roberto Speranza, mentre il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni definisce le dimissioni di Grasso dal gruppo dem come “un fatto politico importante e positivo”.
Più volte il presidente del Senato, pur essendo esponente del Partito democratico, aveva espresso critiche su specifici provvedimenti. Uno fra tanti quello sullo Ius soli. Dopo lo stop della sottosegretaria Maria Elena Boschi, lui aveva replicato: “Se una legge è giusta va approvata“. Grasso inoltre si è più volte espresso in maniera critica sulle politiche migratorie del governo: a Lampedusa, in occasione dell’anniversario della strage dei migranti, aveva detto che il diritto d’asilo dovrebbe andare anche a chi “fugge dalla povertà”, in totale contrasto con il ministro dell’Interno Marco Minniti.
Affilati anche i giudizi espressi durante la campagna elettorale per il referendum costituzionale. “La rappresentazione che se ne sta dando di una sorta di giudizio universale è inopportuna, irrealistica e fuorviante, tanto quando si vuole dimostrare che questa riforma sarà la panacea di tutti i mali, così come quando si prospetta la fine della democrazia se la riforma verrà approvata o la catastrofe se verrà respinta“, aveva detto il numero uno di Palazzo Madama nel luglio del 2016. Quest’estate, invece, vari esponenti di primo piano del Pd hanno tentato di convincerlo a candidarsi governatore della Sicilia alle regionali del prossimo 5 novembre. Proposta che – come ha ricordato a Palazzo Madama da lui stesso – Grasso ha preferito rifiutare per continuare a presiedere il Senato.