Se il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, prende la decisione di andarsene dal partito, vuol dire che il declino del Pd si sta trasformando velocemente in deriva totale. La storia di Piero Grasso parla per lui e la reazione così immediata e con i connotati del “Servitore dello Stato” rende grave e drammatica la circostanza. Grasso in questi ultimi anni ha tolto quel silenziatore alla cultura dell’antimafia che in questi ultimi anni altri avevano inserito. E’ andato in giro per le scuole d’Italia a parlare ai ragazzi di Falcone e Borsellino, ha tenuto memorabili lezioni trasmesse sul servizio pubblico (Rai 5) sulla mafia e sulla storia del nostro Paese devastato da questo fenomeno.

Piero Grasso e il presidente Sergio Mattarella hanno inaugurato una stagione nuova, che ha aperto lo sguardo degli italiani sul fenomeno mafioso come mai era accaduto. Con la semplice presenza nei ranghi più alti delle istituzioni democratiche, hanno imposto che nei palinsesti Rai questi temi conquistassero la prima serata e la giusta rilevanza, mentre nel recente passato gli stessi film prodotti dalla Rai venivano utilizzati come riempitivi, e mandati in onda a tarda notte.

L’impegno di Pietro Grasso è stato netto su questi temi come anche la sua testimonianza diretta di cosa significa essere “Servitore dello Stato”. E il fatto di aver posticipato questa sua scelta dopo il compimento dello sgarbo istituzionale rappresentato dalla “fiducia forzata” dovuta a “forti pressioni ricevute da Gentiloni” certificato dall’intervento dell’ex presidente della Repubblica Napolitano, denotano il clima terribile che stanno vivendo in queste ore le nostre istituzioni e spiegano con i fatti ai nostri giovani cosa significa essere un “Servitore dello Stato”. La stessa dichiarazione del pluri-indagato Verdini, che da oggi entrerà negli stampati del Senato, consegnando alla storia l’esistenza di una “maggioranza fantasma”, deve aver spinto Grasso a una decisione forte e decisa.

Se si fosse dimesso da presidente del Senato, come immagino volesse, avrebbe creato disagi istituzionali che un Servitore dello Stato deve sempre evitare. Questo ci fa capire che, nonostante tutto quello a cui assistiamo, le nostre istituzioni democratiche hanno ancora degli indomabili custodi, che reagiscono col garbo e le modalità richieste dal rito a cui la Democrazia si è sempre affidata. Essi rappresentano quel filo sottile che tiene in piedi la nostra democrazia e la nostra speranza e che confina nel nulla, ma chissà per quanto ancora la rabbia popolare. Tra questi dobbiamo annoverare anche quei giovani parlamentari e senatori pentastellati (sconosciuti) che per tutta questa legislatura hanno canalizzato questa rabbia nei luoghi istituzionali, confidando nel rispetto delle regole e dei riti, altro che populismo.

Anch’essi, da veri e propri servitori dello Stato, hanno servito i cittadini al di là di ogni ragionevole pazienza. Il popolo, con la sua vittoria del 4 dicembre, ha arginato lo sfascio istituzionale che il Pd aveva proposto. Insomma, il nostro Paese tiene, nonostante tutto e sono convinto che questa immonda legge elettorale, artificio tecnico per impedire al popolo di scegliere i suoi rappresentanti diventerà un boomerang per il suo promotore fantasma, chiunque esso sia, Renzi, Verdini o Berlusconi. Alla fine, forse potrà nascere una coalizione tra le persone per bene che sbaraglierà tutti gli inciucisti all’insegna dell’onestà, della libertà e della coerenza.

E allora i conti fatti fino a oggi saranno il semplice ricordo di un incubo. I servitori dello Stato sono i custodi migliori su cui il popolo può sempre contare. E in quest’ultimo periodo li abbiamo visti in azione. Le parole del rito: “forzatura e violenza della fiducia”, Gentiloni sottoposto a “forti pressioni”, l’idea di una “maggioranza fantasma”, per il peso e le caratteristiche diverse di chi le ha stampate negli atti delle istituzioni del Paese, sono le parole che renderanno insonni le notti del primo servitore dello Stato, Mattarella, che al rito dovrà affidarsi per custodire la nostra democrazia costituzionale. Ai giocatori di poker e di cerini della “politichetta utilitaristica” resteranno in mano solo le carte.

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