Il centro dell’inchiesta che ha portato di nuovo sul registro degli indagati i nomi del sindaco di Livorno Filippo Nogarin e del suo ex assessore Gianni Lemmetti – ora braccio destro di Virginia Raggi in Campidoglio – riguarda una gara per l’affidamento di un incarico di advisor legale di una società partecipata del Comune, la Spil. Un bando da consulente legale vinto dallo studio Lanzalone di Genova, nome che ricorre spesso nelle vicende amministrative dei Cinquestelle sia a Livorno che a Roma. La procedura – conclusa tra febbraio e marzo – si è contraddistinta per la confusione: una prima gara vinta da un avvocato di Pisa ma annullata, una seconda gara vinta da Lanzalone ma con la rinuncia dello stesso vincitore e infine la decisione della Spil di non affidare più l’incarico di advisor perché non ce n’era più bisogno. In mezzo a tutto questo – e ad assegnazione avvenuta – anche la richiesta allo studio Lanzalone di tagliare di 75mila euro il compenso che aveva inserito nella propria offerta, da 225mila a 150mila euro. In apparenza, dunque, un pasticcio. In pratica, invece, un percorso che ha provocato lo scontro tra i vertici della società e il collegio dei revisori, fino alle dimissioni del presidente e del vicepresidente. E ora anche un’inchiesta per turbativa d’asta, ipotesi di reato che per Nogarin e Lemmetti si aggiunge a quelle per bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio e falso in bilancio contestate dalla Procura di Livorno nell’inchiesta su un’altra partecipata del Comune, Aamps, che si occupa di raccolta e smaltimento di rifiuti.
Il sindaco: “Non devo avvertire Beppe Grillo”
In questo nodo avviluppato tra atti e controatti, disposizioni e contestazioni, è molto probabile che a far scattare il lavoro dei pm sia stato un esposto di uno dei soggetti coinvolti, magari un escluso tra i concorrenti delle due gare o uno dei sindaci revisori. “Un’indagine è un’indagine – dice Nogarin – L’indagine andrà avanti, non ho ricevuto un avviso di garanzia e certamente non devo avvertire Beppe Grillo“. Fin qui la politica. Nel merito, invece, il sindaco ripete di non essere “parte attiva” perché, sottolinea, non è membro del cda della Spil e non ha “avuto ruoli” in quelle decisioni. Il procuratore Ettore Squillace Greco mantiene il silenzio. Per lui parla per ora solo l’atto di proroga delle indagini fino a marzo.
La prima gara annullata. I revisori: “Incomprensibile”
In particolare, da quanto è possibile ricostruire finora, l’attenzione della magistratura è sulla prima gara, vinta dall’avvocato pisano Andrea Bartalena. L’unico altro concorrente era lo studio Lanzalone. Ma la gara è stata annullata. Il motivo, dicono i verbali di una riunione del primo marzo, è un decreto ingiuntivo di un ex presidente – Luciano Guidotti, nominato da Nogarin nell’autunno 2014 – che ha reso ancora più urgente la scelta di un consulente legale in vista del concordato preventivo. A quel punto, però, secondo i vertici della Spil, il quadro era cambiato ed è stato necessario scrivere un nuovo bando perché il vecchio ci sarebbe potuti esporre a cause (e a perdite di patrimonio). Tesi contestata da una dei sindaci revisori, Giuseppina Palasciano, che in una riunione del primo marzo definisce “non comprensibile la mancata aggiudicazione della gara” in favore di Bartalena. Una tesi già avanzata dall’intero collegio dei revisori il 23 febbraio, con un’email in cui “non si ravvisa alcun motivo di non aggiudicazione della prima gara”, una decisione “non giustificata“.
Da qui la seconda gara, alla quale hanno partecipato Bartalena, Lanzalone e altri due studi legali Cba di Milano e Bettini di Genova. E a questo giro a spuntarla è stata Lanzalone “verso il quale – spiegano ancora i verbali – si è comunque sollecitato un adeguamento dell’originaria offerta” (da 225mila a 150mila euro, appunto). Una “negoziazione” sulla quale uno dei consiglieri di amministrazione, Roberto Nardi, si definì “perplesso”, anche per il ribasso così “significativo”. Una situazione di tensione che portò alle dimissioni dei vertici – ufficialmente per “motivi personali” – e soprattutto rallentò le procedure del concordato preventivo richiesto 3 mesi prima. Così, in mancanza di un piano (per il quale serviva un advisor), la società ha deciso di rinunciare al concordato e trattare direttamente con i debitori.
Cosa c’entra Nogarin
Ma perché allora Nogarin e Lemmetti sono sotto inchiesta? I dati noti ai quali ci si può riferire per avvicinare sindaco e assessore per il momento sono due. Il primo è una data. Il presunto reato è stato commesso il 27 febbraio, dice l’avviso di proroga indagini ricevuto dal sindaco. Di quel giorno è una email della presidente di Spil, Barbara Ferrone, al collegio sindacale in cui vengono illustrate le motivazioni per cui la gara doveva essere annullata. C’è da capire quindi come quella mail coinvolga il socio di maggioranza, il Comune.
Il secondo dato, invece, è una circostanza. Nogarin – invitato dal cda – ha partecipato a una delle riunioni (quella del primo marzo) che all’ordine del giorno aveva le liti sulla gara per l’advisor, “reiterate e spiacevoli incomprensioni con il collegio sindacale” le ha definite la presidente a un certo punto. Nogarin ha ascoltato il nuovo battibecco (in punta di diritto) tra cda e revisori ed è intervenuto per sottolineare “il perdurare di un clima interno certamente non adeguato al superamento della preesistente fase societaria” e per invitare gli organismi della società a “trovare al più presto una soluzione idonea a superare l’attuale fase di stallo”. Fuori dal verbalese: smettete di litigare e fate presto.
Lanzalone, il legale M5s ora capo dell’Acea
Luca Lanzalone, genovese, 48 anni, è un nome legato a doppio filo alle amministrazioni M5s di Livorno e Roma. Uno stratega legale, lo ha definito qualcuno. E’ stato lui, per esempio, che senza una consulenza formale del Comune scrisse la revoca del cda di Aamps – l’azienda dei rifiuti di Livorno – poi controfirmata da Nogarin che per quell’atto è indagato per abuso d’ufficio. E’ stato Lanzalone a fare il mediatore sullo stadio di Roma, con delega della sindaca Virginia Raggi. E’ Lanzalone l’attuale presidente di Acea, l’azienda del servizio idrico di Roma.
E non è la prima volta che Lanzalone e il collega pisano Bartalena si sfidano a duello. La prima volta proprio su Aamps, quando il legale toscano firmò un dossier di una sessantina di pagine a nome dei sindaci revisori dell’azienda: in quella relazione depositata al tribunale delle imprese si contestava la consulenza da 150mila euro complessivi che Aamps aveva affidato allo studio di Lanzalone. Secondo quel dossier per quella consulenza serviva una gara unica, mentre l’affidamento fu diretto e spacchettato tra assistenza penale, al diritto del lavoro e al concordato preventivo.
La crisi della Spil
La partecipata finita sotto inchiesta non vive un bel periodo, tutt’altro: depositati in tribunale si trovano un’istanza di fallimento presentata dalla multinazionale canadese della componentistica auto Magna Closures per un debito di circa 400mila euro e una richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Camera di Commercio che rivuole indietro la propria quota societaria del 6 per cento e teme che la Spil si disfi di beni di valore (come alcuni terreni ribattezzati “d’oro” nei piazzali alle spalle del banchine del porto industriale).
Il socio di maggioranza della Spil è il Comune col 61 per cento, poi ci sono Mps e Banco Popolare col 15 ciascuno e le briciole che restano ad altri enti locali. E’ un’azienda vecchissima, ha quasi cent’anni, ma la gloria è rimasta chiusa in quel passato remoto, quando tra la prima e la seconda guerra mondiale fu il motore per lo sviluppo del porto, cuore della città. Ma, a dispetto del nome sciolto dall’acronimo (Società Porto Industriale Livorno), col tempo la Spil è diventata soprattutto altro. Negli anni Ottanta e Novanta, per esempio, si era fermata alla semplice gestione del patrimonio immobile. Alla fine dei Novanta diventò il “braccio armato” del Comune per la riqualificazione e la reindustrializzazione delle aree produttive dismesse e il porto c’entrava poco. In qualche caso c’è riuscita, in altri meno. Per esempio è stata la protagonista della trasformazione di un vecchio cinema del centro (l’Odeon, tra i più grandi d’Italia) in un orrido parcheggio multipiano, decisa dalla giunta di centrosinistra dieci anni fa. Un flop che farà rumore per tanti anni: i 600 posti-auto sono troppi anche per la fame di parcheggio dei livornesi. Secondo Nogarin è stato il “simbolo del fallimento della gestione precedente”. Gli amministratori nominati dal sindaco M5s non hanno migliorato la situazione. E sono stati parecchi: 11 in 10 mesi e tre di questi sono presidenti. L’ultimo, Vincenzo Piscitelli, amministratore unico per effetto della riforma Madia, ha iniziato il proprio mandato proprio a marzo 2017 quando la precedessora Barbara Ferrone ha rimesso l’incarico. Era stata nominata solo 4 mesi prima.
(ha collaborato Emilia Trevisani)