“In una chiesa dove si celebra regolarmente non si possono fare comizi dall’altare. Nemmeno la Democrazia Cristiana lo faceva, anche perché non ne aveva bisogno dato che a volte erano proprio i preti a dare chiare indicazioni di voto durante l’omelia”. Monsignor Antonino Raspanti, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana per il Sud e vescovo di Acireale, a ilfattoquotidiano.it si dice molto “stupito” per il comizio che Matteo Renzi ha tenuto dall’altare della Basilica della SS. Annunziata di Paestum. Il parroco, don Johnny Kaitharath, e il vescovo di Vallo della Lucania, monsignor Ciro Miniero, hanno dichiarato di essere stati all’oscuro di tutto. Lo stesso presule, contattato da ilfattoquotidiano.it, si è limitato a ribadire di “non avere niente da aggiungere”.
Monsignor Raspanti, invece, ha sottolineato di “non comprendere come Renzi si sia convinto ad andare a fare un comizio dall’altare. Mi sembra tutto molto strano. Si tratta di un’iniziativa quanto meno sopra le righe. Sicuramente la vicenda è scappata di mano. Comprendiamo tutti con un po’ di buon senso che il comizio di un eminente segretario di partito in un luogo di culto non è opportuno”.
Per il presule, però, non bisogna bollare in modo negativo tutte le occasioni di confronto, anche politico. “Si potrebbe, invece, immaginare – precisa il vicepresidente della Cei – un incontro in un altro spazio della chiesa, per esempio il salone parrocchiale, visto anche che non siamo ancora in campagna elettorale. Oggi talvolta accade che nel teatrino parrocchiale il politico di turno chieda di poter incontrare i cittadini. La prassi è differenziata: c’è chi lo concede a chiunque lo chieda e chi invece lo nega. Generalmente sarebbe sempre meglio non farlo in campagna elettorale”.
“Io stesso – prosegue Raspanti – l’anno scorso ad Acireale, sotto il periodo natalizio, ho organizzato un confronto tra un esponente politico vicino al Partito Democratico e un parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle su un libro su Giorgio La Pira scritto da un giovane della mia diocesi. Cinque anni fa, invece, per l’elezione del presidente della Regione Sicilia la mia diocesi organizzò un confronto invitando tutti i candidati. Non ne venne nessuno, ma ciascuno mandò un proprio rappresentante e al dibattito partecipò una marea di gente. Così come, sempre ad Acireale, a casa mia, in episcopio, ho organizzato un incontro con tutti gli aspiranti sindaci, tutti i parroci e i giornalisti. E sono stati proprio i preti a porre ai candidati le domande sui problemi della città”.
Per il presule, dunque, “a certe condizioni credo sia anche opportuno organizzare questi incontri più che fare campagna elettorale. La diocesi e le parrocchie sono un luogo neutrale per confrontarsi con chi sceglie di scendere nell’agone politico, ma ciò è auspicabile che avvenga senza far litigare i contendenti. L’obiettivo è quello di ascoltarsi reciprocamente senza lasciarsi andare alla propaganda”.
Al vicepresidente della Cei fa eco l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale di Pax Christi e vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva della Fonti. “Nella nostra diocesi – spiega il presule – quando ci sono le elezioni amministrative è l’ufficio per i problemi sociali e il lavoro a organizzare un incontro con i candidati sindaci nei locali della curia. Tutti hanno così la possibilità di esprimersi sul loro programma, ma anche di rispondere ai temi proposti dalla dottrina sociale della Chiesa: lavoro, ambiente, beni culturali, assistenza ai disabili e agli anziani. Mai nessuna iniziativa di partito può essere ospitata in una chiesa. La domanda che mi pongo e alla quale non so rispondere è una sola: come mai questo parroco di Paestum ha consentito questo tipo di iniziativa?”. Una domanda alla quale nessuno ha ancora dato una risposta.
Twitter: @FrancescoGrana