L'abbraccio tra il segretario e il premier. Il primo dice: "Questa è casa tua". Il secondo gli risponde che lui è il leader, serve unità, ma bisogna allargare l'alleanza al centro e a sinistra. Un concetto ribadito da Minniti, Orlando, Franceschini, Emiliano. E nel suo discorso il presidente del Consiglio disegna un programma marcato: niente campagna anti-Ue, dignità del lavoro e tutela dei più deboli, ecologia
“Questa è casa tua” dice Renzi a Gentiloni. “Gioco di squadra, discussione aperta sulle idee e soprattutto unità” lo sostiene il presidente del Consiglio. Il segretario del Pd e il capo del governo si abbracciano. Nei gesti, sulle parole un po’ meno, ma non ci sono auguri di “stare sereni”. C’è stata “qualche visione diversa”, assicura il leader democratico, ma “nessuna frattura”. L’esempio più fresco è la riconferma di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia dopo tutto il battage condotto proprio da Renzi. Ma accanto alle parole ecumeniche per sollecitare il Partito democratico ad assumere “l’impegno solenne” a una fine ordinata della legislatura” per “non dissipare” i risultati, Paolo Gentiloni riprende le parole pronunciate poche ore prima dallo stesso palco della conferenza programmatica di Napoli dal ministro dell’Interno Marco Minniti: “Dobbiamo darci con la tua leadership, caro Matteo, l’assetto più forte, competitivo e largo possibile per vincere”, dice Gentiloni, aggiungendo “verso il centro e la sinistra”. Quindi zero colpi gobbi delle minoranze interne ed esterne, ma una coalizione la più larga. La risposta di Renzi arriverà all’ora di pranzo dallo stesso palco di Napoli.
Su questa linea sono d’accordo praticamente tutti i principali dirigenti del partito. A partire dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, naturalmente. “Il centrosinistra va costruito, oggi non c’è, e le parole sull’unità non bastano”. “Abbiamo costruito una legge elettorale che prevede le coalizioni. Ora servono azioni concrete da parte nostra” aggiunge in un’intervista alla Stampa giurando lealtà in caso di disastro elettorale in Sicilia, com’è prevedibile. La coalizione ideale è dall’Udc a Sinistra Italiana, suggerisce il presidente della Puglia Michele Emiliano che di coalizioni larghissime se ne intende.
Ma il pensiero fisso sulla coalizione allargata non è solo un problema della minoranza congressuale: “Lavoriamo per l’unità oltre il Pd – dice Minniti – o il popolo della sinistra non perdona”. Il primo a twittare subito dopo l’approvazione della riforma elettorale era stato il ministro della Cultura Dario Franceschini: “Ora c’è una legge elettorale con collegi a turno unico che impone una coalizione. La destra l’ha già, noi dobbiamo (ri)costruirla in fretta”. Per dirla di nuovo con Gentiloni: “Non basta Renzi leader per vincere”. Gentiloni è l’unico che unisce, insiste Emiliano. Ma già un retroscena del Corriere della Sera registra la rispostina del segretario. Della serie: tutti bravi, ma con il “buon senso” non si vince, poi i voti li devo raccattare io. Non c’entra niente il vecchio accoltellamento di Letta, almeno in apparenza. Renzi lo applaude, è il segretario a invitare la platea alla standing ovation.
Eppure, con i suoi modi, Gentiloni colora di sinistra il programma che disegna al museo di Pietrarsa di Napoli. Niente campagna elettorale “contro l’Europa“, parla di dignità del lavoro, ambiente e di un tratto da assumere più nettamente “ambientalista”. E poi invita a guardare ai più deboli: “Ogni tanto continuiamo a frequentare più i vincenti che i perdenti della globalizzazione”, nota facendo autocritica, dopo aver rivendicato a sé e a Renzi di aver incassato il primo “upgrading” dopo 15 anni da Standard&Poor’s. Ma il colpo finale è in asse ancora una volta con Minniti: lo ius soli. Il Pd deve assumere “l’impegno solenne” di condurre in porto lo ius soli “entro la fine della legislatura” ha detto il capo del Viminale. E il presidente del Consiglio imprime il suo sigillo: “Abbiamo un lavoro da completare e impegni su leggi importanti come quella sulla cittadinanza su cui lavoreremo per creare le condizioni perché possano essere finalmente approvate dal Parlamento”. La spinta del governo c’è: avanti con la fiducia. E Minniti invita il partito a dare la stessa spinta, perché “un grande partito si batte, decide, convince e non può rinunciare“. Ma lì c’è da superare le resistenze degli alfaniani. A proposito di fine ordinata della legislatura: addirittura Sinistra Italiana e Mdp sono disposte a votare la fiducia alla legge se serve, mentre Maurizio Lupi – per Ap – conferma che il partito voterà contro la blindatura del provvedimento sia in consiglio dei ministri sia in Parlamento.