Ai suoi aveva ordinato il gesto più feroce: l’omicidio della figlia. Perché la ragazza si era “fatta sbirra”: aveva conosciuto un giovane maresciallo dei carabinieri e aveva cominciato con lui una relazione. Che stava mettendo in crisi il clan mafioso di Bagheria, in provincia di Palermo. Il boss aveva deciso, ma il sicario doveva essere una persona fidata: l’altro figlio, il maschio. Che però temeva di finire in cella ed è stato intercettato mentre si opponeva alla richiesta del padre.
Protagonista della storia è Pino Scaduto, padrino di Bagheria e componente della cosiddetta”Cupola” di Cosa Nostra. Era uscito di cella solo sei mesi fa, ma questa notte ci è tornato. Secondo gli inquirenti puntava a riprendere il comando della cosca di Bagheria. È finito in cella insieme ad altri 15 presunti affiliati, arrestati in un’operazione antimafia condotta dai carabinieri. Sono tutti accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
“Io ho 30 anni e non mi consumo per lui”, si sfogava con un amico il figlio di Scaduto, intercettato dai carabinieri. Non voleva essere lui ad uccidere la sorella, rea di aver infranto il codice mafioso fidanzandosi con un carabiniere. Secondo Repubblica, il boss incolpava anche la ragazza di averlo fatto arrestare nel 2008, proprio nel momento in cui stava cercando di ricostruire la “cupola”, cioè la commissione provinciale di Cosa Nostra. Sempre secondo il quotidiano, tempo fa Scaduto aveva scritto ad una parente: “Questo regalo quando è il momento glielo farò – diceva riferendosi all’uccisione della figlia – tempo a tempo che tutto arriva”.
Chi è il boss – Aveva raccolto il testimone di Totò Riina, tentando di ricostruire “forme alternative di un’organizzazione di vertice di Cosa Nostra”. Così il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, descrive Pino Scaduto. Il ruolo di punta lo raggiunge nel 2007-2008, quando il signore di Bagheria, insieme a Benedetto Capizzi, promuove la ricostituzione della “cupola”, la commissione provinciale dell’organizzazione mafiosa, uno degli organi direttivi di Cosa Nostra. Scaduto viene arrestato la prima volta proprio nel 2008, nell’ambito dell’operazione “Perseo”.
Gli arresti – Pizzini da chiedere e riscuotere, affiliati in carcere da sostenere, un mercato immobiliare da monopolizzare con provvigioni superiori a quelle di mercato: queste e altre sono le dinamiche fatte emergere dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia, concluse con le 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del Tribunale di Palermo ed eseguite stanotte nell’ambito dell’operazione “Nuova Alba”. Obiettivo degli inquirenti era di ricostruire gli equilibri mafiosi del mandamento di Bagheria, sempre capace di rigenerarsi rimpiazzando immediatamente i membri finiti dietro le sbarre. In particolare, le indagini hanno portato alla luce un giro di estorsioni che coinvolgeva soprattutto imprenditori di Bagheria e Altavilla impiegati nel settore edile e nella fornitura di acqua minerale. I presunti affiliati al clan selezionavano le vittime e le costringevano a versare al mandamento grosse somme di denaro.
Oltre a Scaduto, tra gli arrestati ci sono altri nomi di spicco della criminalità organizzata palermitana. Tra questi Giacinto Di Salvo, ex capo del mandamento mafioso di Bagheria dal 2011 fino al maggio 2013, quando venne arrestato nell’indagine “Argo”. In cella anche Giovanni Trapani, boss di Ficarazzi (Palermo), che era stato arrestato nell’operazione “Iron Men”, e i vertici storici del clan di Altavilla Milicia, tra cui Franco Lombardo, per breve periodo anche reggente del mandamento di Bagheria, e Michele Modica, anche lui già finito in carcere precedentemente.