Miriam ha 18 anni, spesso la sera non riesce a dormire, soprattutto quando si sente sola. Se dorme con un’amica o si mette a letto e c’è ancora abbastanza movimento in casa ci riesce meglio. Altrimenti si agita. Se si è attardata davanti alla televisione o su una chat e i suoi già dormono, sente il rumore del silenzio e le fa paura. Ha paura del buio, degli spiriti che si immagina lo abitino. Spiriti che la fissano, non lo regge. Troppe puntate di Ghost Whisperer.
Miriam non è l’unica adolescente ad avere queste difficoltà, problemi con il sonno sono abbastanza comuni in questo periodo della vita. I suoi amici fanno a gara a chi resiste di più e si aiutano con i social, difficile staccarsene fino a notte inoltrata senza correre il rischio di perdersi qualcosa. E poi c’è la musica, le sigarette, e altre cose poco salutari. Tutti elementi che, secondo molte ricerche, interferiscono con la produzione di melatonina e con il sonno.
Da bambini, per addormentarsi si deve poter contare sulla tranquillità della presenza e della protezione delle figure di riferimento per poter accettare di lasciarsi andare alla regressione onirica senza sentirsi minacciati.
Da adolescenti si deve poter contare sulla solidità delle figure di riferimento, sulla loro resistenza agli attacchi, sulla loro presenza nonostante tutto. A volte ricompaiono condotte che sono state caratteristiche dell’infanzia: una luce accesa o una porta aperta tornano ad essere rassicuranti. La sfida notturna nasconde dunque la paura di lasciarsi andare, di ritrovarsi in sogni angoscianti, di avere incubi.
La paura del buio, o degli spiriti, è la paura di ritrovarsi soli con se stessi, con le proprie emozioni, quelle che si conoscono meno, con le proprie fragilità, è la paura di perdere il controllo sul mondo esterno ma soprattutto sul proprio mondo interno. Può sembrare strano, ma non esistono emozioni positive o negative, piuttosto emozioni integrate o non integrate al proprio senso di sé. Conoscere le proprie emozioni significa conoscere se stessi: meno ci si conosce, più è facile che le emozioni si presentino come qualcosa di estraneo, che si manifestino in modo bizzarro.
L’emergenza emotiva, anche quella che si manifesta come pericolo esterno, è spesso un tentativo di mantenere un senso di continuità nell’identità personale anche di fronte al cambiamento. Miriam è molto giovane e la conoscenza (e la consapevolezza) che ha di sé è “ancora all’inizio”.
I pericoli che le sembrano fuori sono dentro, sono le sue emozioni, quelle che non riconosce, quelle con le quali non ha ancora familiarità, che si manifestano come qualcosa che non le appartiene, un pericolo a cui sembra non saper far fronte. Lei è una ragazza come tante, un’adolescente che come altre comincia a cercare la sua strada nella vita: sta valutando se proseguire gli studi o scegliere altre strade, non sente una passione particolare, non per il momento almeno, forse si prenderà del tempo, un anno sabbatico o qualcosa del genere.
Forse è la paura di crescere, di diventare autonoma, l’autonomia porta sempre con sé un sentimento di solitudine, di fragilità. Forse è la paura di scegliere una strada che una volta fatta automaticamente esclude le altre, e segna inevitabilmente una direzione per la vita, mentre non decidere permette di rimanere nell’illusione che tutto sia sempre possibile e perciò immutabile.
Per qualcuno poi, quella che sembra insonnia, è solo un ritardo nell’addormentarsi, molti preadolescenti e adolescenti hanno quantità e qualità di sonno normali, ma spostati verso la fine della notte. E’ uno degli aspetti che assume il bisogno di avere un controllo totale sulla propria vita, la forma che prende la ribellione verso il mondo adulto.