Il 22 maggio, i militari hanno fatto irruzione nella casa di una donna nello stato di Miranda, nel nord del Venezuela, urlando “Apri, apri, è arrivato l’uomo nero!” per poi sfondare le porte, frantumare finestre e rubare oggetti dall’abitazione. Un uomo dello stato di Lara, sempre nel nord del Paese, ha raccontato che le forze di sicurezza si sono presentate al grido di “uscite fuori, banditi, adesso vi stupriamo tutti quanti”.
Sono solo due delle testimonianze contenute nel rapporto diffuso oggi da Amnesty International nel quale si denuncia l’espansione delle tattiche repressive in Venezuela da quando le autorità hanno lanciato una violenta campagna di raid illegali nelle case di persone sospettate di essere dissidenti. Secondo il rapporto, intitolato Notti di terrore: attacchi e raid illegali nelle abitazioni, negli ultimi mesi le forze di sicurezza venezuelane e gruppi armati civili legati al governo hanno fatto violentemente irruzione nelle abitazioni private per intimidire i residenti e dissuaderli dal prendere parte alle proteste. “In Venezuela nessun luogo è al riparo dal potere avvolgente delle forze di sicurezza. Neanche le proprie case”, ha spiegato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
Le organizzazioni venezuelane hanno segnalato almeno 47 casi di raid illegali in 11 stati del Venezuela tra aprile e luglio 2017, nel periodo più violento e sanguinoso delle proteste. In quei mesi si sono contati oltre 120 morti, circa 2000 feriti e oltre 5000 arresti. Contemporaneamente, secondo Amnesty, “le autorità venezuelane hanno escogitato un nuovo preoccupante modo per mettere a tacere il dissenso, nell’ambito di una campagna apparentemente senza fine che ha l’obiettivo di instillare la paura nella popolazione. Dalle strade, la repressione è arrivata nelle case”.
I ricercatori di Amnesty hanno visitato le abitazioni, e intervistato le vittime dei raid, in quattro regioni venezuelane: Caracas, Miranda, Carabobo e Lara. La modalità descritta è sempre la stessa: membri delle forze di sicurezza e civili armati, appartenenti ai gruppi illegali legati al governo di Maduro, hanno fatto violentemente irruzione negli appartamenti senza esibire alcun mandato né fornire alcuna spiegazione circa la loro presenza. Le irruzioni sono state spesso accompagnate da minacce, da violenza fisica e verbale, dall’impiego di armature anti-sommossa e dal lancio di gas lacrimogeni.
In un palazzo dello stato di Miranda le telecamere a circuito chiuso hanno ripreso gli uomini della sicurezza allontanarsi portando con sé pesanti sacchi, probabilmente pieni di oggetti rubati. I raid sono durati ore e, in alcuni casi, l’intera notte. Una volta all’interno delle case, gli uomini della sicurezza hanno chiesto informazioni sui “ragazzi che stanno prendendo parte alle proteste” e molti giovani sarebbero stati arrestati in questo modo. Molte vittime hanno riferito ad Amnesty International di temere nuovi raid in ogni momento e di avere problemi a dormire. A causa della cronica scarsità di materiali, in alcune abitazioni non è stato possibile riparare i danni causati dalle irruzioni e gli abitanti vivono ora in condizioni di estrema insicurezza senza la porta di casa. “Ai sensi del diritto internazionale e della stessa Costituzione venezuelana, queste irruzioni nelle abitazioni sono illegali”, ha sottolineato Guevara-Rosas. “Il governo Maduro e le sue forze di sicurezza devono cessare di usare la violenza e la repressione contro la loro popolazione – ha concluso la portavoce di Amnesty – Queste violazioni dei diritti umani non possono andare ancora avanti. Occorre giustizia per le vittime e la fine di questa campagna di violenza”.