Uno schiaffo all’incrollabile certezza di un mondo diviso tra buoni e cattivi, dove la mafia è sempre qualcosa di molto lontano dalla “società civile” che invece dovrebbe interrogarsi su quanto fa (meglio, non fa) per combattere la criminalità organizzata. Quella più moderna e nascosta, ormai radicata nel Mezzogiorno come al Nord, tra le pieghe dello scontrino di un cocktail nel locale più di tendenza o seduta dietro alla scrivania di un anonimo ufficio del Comune, da dove passano le autorizzazioni essenziali per lavare i soldi delle cosche.
Con il suo La mafia siamo noi, pubblicato da Add editore (230 pagine, 15 euro), Sandro De Riccardis, giornalista di Repubblica, ha compiuto un lungo viaggio nelle inchieste giudiziarie e nelle storie meno conosciute dell’antimafia, scavando dentro le nostre sicurezze spingendoci a rimodularle. Il libro, in questi giorni tornato nelle librerie dopo la ristampa, racconta come i clan abbiano cambiato vestito, ma non il loro modo di fare affari e prendersi ciò che vogliono. Con la complicità di insospettabili amministratori e grazie alla potenza economica che permette alla mafia di farsi welfare sociale nelle zone in cui lo Stato è assente.
Dando lavoro, non più solo in attività illegali, ma anche dietro le insegne di pizzerie, bar e discoteche nei centri delle metropoli dove, inconsapevoli, siamo proprio noi ad alimentare i loro affari. Ma non hanno dimenticato, i clan, gli antichi metodi per prendersi quel che vogliono sapendo come incutere terrore agli imprenditori in Sicilia come in Lombardia. Esemplare la storia di Vincenzo Francomano, carrozziere calabrese trapiantato in provincia di Como, unico imprenditore lombardo ad avere il coraggio di raccontare, nel corso dell’indagine Infinito, i taglieggiamenti della ‘ndrangheta (la sua storia nell’estratto che pubblichiamo qui sotto). Coraggiosi furono anche i ragazzi di Cortocircuito che, appena maggiorenni, con le loro inchieste hanno portato alla luce una parte degli affari in Emilia Romagna della famiglia Grande Aracri.
E proprio attraverso questi eroi dell’antimafia dei fatti, figure spesso ignorate o dimenticate, che De Riccardis traccia la via per una nuova resistenza dove al posto di slogan e manifestazioni ci sono informazione, presa di coscienza e reazione. È un percorso più tortuoso e impegnativo di un like o di uno striscione, ma l’unico possibile per rovesciare i rapporti di forza e tagliare i ponti invisibili dei clan, il loro più grande tesoro per continuare a muovere soldi e potere.
Ecco un estratto del libro, per gentile concessione dell’editore
L’omertà della Lombardia
La storia di minacce, intimidazioni e attentanti che vede protagonista Francomano comincia quando si presenta nella sua officina un ex detenuto, Giuseppe Oliverio […].
«Un giorno, era il 2006, si è presentato in officina per chiedere lavoro», ricorda oggi Francomano, «diceva di essere uscito da poco di prigione. Io ho voluto dargli una possibilità, ho pensato: “Forse vuole riscattarsi”. Invece non ho più vissuto. Mi ha isolato giorno dopo giorno nella conduzione dell’azienda, ha assunto personaggi poco raccomandabili, anche degli uomini per controllare gli ingressi. E se chiedevo spiegazioni, rispondeva con minacce e insulti. Fino al giorno in cui mi è stato impedito di entrare nel capannone.»
[…] Il piccolo imprenditore, che si vede scippato della sua azienda, è sempre più angosciato. Decide di cambiare strategia e propone a Oliverio, che continua a spadroneggiare nei suoi capannoni, di stipulare un contratto di cessione di ramo d’azienda. […] «All’inizio, anche se in ritardo, Oliverio pagava l’affitto. Poi, dal 2011, non ha più pagato […] così ho deciso di inviargli formale disdetta della locazione.» La reazione di Oliverio è stata violentissima. «Il 14 maggio 2012 è stato appiccato un incendio nell’altra mia officina. Quattordici auto sono andate a fuoco. […] Ancora oggi mio figlio riesce a dormire solo se ha accanto la madre […].»
Francomano, disperato, decide di rivolgersi ai carabinieri. […] Racconta tutto, ma quando capisce che deve firmare le dichiarazioni, si tira indietro. […]
Passano pochi mesi. […] «Sono arrivato alla conclusione che da solo non ce la farò mai a uscire da questa situazione, mi risolvo a chiedere aiuto alla procura della Repubblica.»
Quando Francomano riesce a tornare in possesso dell’officina, trova tutto distrutto. L’impianto elettrico e quello dell’aria sono stati smontati e portati via, le porte scardinate, i sanitari divelti e le tubature riempite di cemento. Così deve ricominciare da zero.
«Sto ricostruendo quello che mi hanno distrutto. L’importante è ripartire», dice mentre riceve i clienti nell’officina riconquistata. Sa di essere uscito da dieci anni d’inferno. Ma sa anche che […] solo insieme si vince. Condividendo la paura si può trovare la forza per combattere. […] Ricordo il giorno in cui sono entrato al Palazzo di giustizia di Milano, dai magistrati della Dda. All’ingresso in procura avevo i brividi, quando sono uscito ero commosso. Ero sicuro di aver fatto la cosa giusta.»
Mafie Export
“La mafia siamo noi”, quando il bene e il male si mescolano negli affari
Il libro (in ristampa) di Sandro de Riccardis, cronista di Repubblica, fa piazza pulita della distinzione fra buoni e cattivi raccontando come, dal Sud al Nord, possiamo incontrare la criminalità organizzata al bar dell'aperitivo o nell'ufficio comunale. La luce arriva da piccole grandi storie di resistenza, come i ragazzi di Cortocircuito che appena maggiorenni hanno scoperchiato la 'ndrangheta in Emilia
Con il suo La mafia siamo noi, pubblicato da Add editore (230 pagine, 15 euro), Sandro De Riccardis, giornalista di Repubblica, ha compiuto un lungo viaggio nelle inchieste giudiziarie e nelle storie meno conosciute dell’antimafia, scavando dentro le nostre sicurezze spingendoci a rimodularle. Il libro, in questi giorni tornato nelle librerie dopo la ristampa, racconta come i clan abbiano cambiato vestito, ma non il loro modo di fare affari e prendersi ciò che vogliono. Con la complicità di insospettabili amministratori e grazie alla potenza economica che permette alla mafia di farsi welfare sociale nelle zone in cui lo Stato è assente.
Dando lavoro, non più solo in attività illegali, ma anche dietro le insegne di pizzerie, bar e discoteche nei centri delle metropoli dove, inconsapevoli, siamo proprio noi ad alimentare i loro affari. Ma non hanno dimenticato, i clan, gli antichi metodi per prendersi quel che vogliono sapendo come incutere terrore agli imprenditori in Sicilia come in Lombardia. Esemplare la storia di Vincenzo Francomano, carrozziere calabrese trapiantato in provincia di Como, unico imprenditore lombardo ad avere il coraggio di raccontare, nel corso dell’indagine Infinito, i taglieggiamenti della ‘ndrangheta (la sua storia nell’estratto che pubblichiamo qui sotto). Coraggiosi furono anche i ragazzi di Cortocircuito che, appena maggiorenni, con le loro inchieste hanno portato alla luce una parte degli affari in Emilia Romagna della famiglia Grande Aracri.
E proprio attraverso questi eroi dell’antimafia dei fatti, figure spesso ignorate o dimenticate, che De Riccardis traccia la via per una nuova resistenza dove al posto di slogan e manifestazioni ci sono informazione, presa di coscienza e reazione. È un percorso più tortuoso e impegnativo di un like o di uno striscione, ma l’unico possibile per rovesciare i rapporti di forza e tagliare i ponti invisibili dei clan, il loro più grande tesoro per continuare a muovere soldi e potere.
Ecco un estratto del libro, per gentile concessione dell’editore
L’omertà della Lombardia
La storia di minacce, intimidazioni e attentanti che vede protagonista Francomano comincia quando si presenta nella sua officina un ex detenuto, Giuseppe Oliverio […].
«Un giorno, era il 2006, si è presentato in officina per chiedere lavoro», ricorda oggi Francomano, «diceva di essere uscito da poco di prigione. Io ho voluto dargli una possibilità, ho pensato: “Forse vuole riscattarsi”. Invece non ho più vissuto. Mi ha isolato giorno dopo giorno nella conduzione dell’azienda, ha assunto personaggi poco raccomandabili, anche degli uomini per controllare gli ingressi. E se chiedevo spiegazioni, rispondeva con minacce e insulti. Fino al giorno in cui mi è stato impedito di entrare nel capannone.»
[…] Il piccolo imprenditore, che si vede scippato della sua azienda, è sempre più angosciato. Decide di cambiare strategia e propone a Oliverio, che continua a spadroneggiare nei suoi capannoni, di stipulare un contratto di cessione di ramo d’azienda. […] «All’inizio, anche se in ritardo, Oliverio pagava l’affitto. Poi, dal 2011, non ha più pagato […] così ho deciso di inviargli formale disdetta della locazione.» La reazione di Oliverio è stata violentissima. «Il 14 maggio 2012 è stato appiccato un incendio nell’altra mia officina. Quattordici auto sono andate a fuoco. […] Ancora oggi mio figlio riesce a dormire solo se ha accanto la madre […].»
Francomano, disperato, decide di rivolgersi ai carabinieri. […] Racconta tutto, ma quando capisce che deve firmare le dichiarazioni, si tira indietro. […]
Passano pochi mesi. […] «Sono arrivato alla conclusione che da solo non ce la farò mai a uscire da questa situazione, mi risolvo a chiedere aiuto alla procura della Repubblica.»
Quando Francomano riesce a tornare in possesso dell’officina, trova tutto distrutto. L’impianto elettrico e quello dell’aria sono stati smontati e portati via, le porte scardinate, i sanitari divelti e le tubature riempite di cemento. Così deve ricominciare da zero.
«Sto ricostruendo quello che mi hanno distrutto. L’importante è ripartire», dice mentre riceve i clienti nell’officina riconquistata. Sa di essere uscito da dieci anni d’inferno. Ma sa anche che […] solo insieme si vince. Condividendo la paura si può trovare la forza per combattere. […] Ricordo il giorno in cui sono entrato al Palazzo di giustizia di Milano, dai magistrati della Dda. All’ingresso in procura avevo i brividi, quando sono uscito ero commosso. Ero sicuro di aver fatto la cosa giusta.»
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Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".
Beirut, 23 feb. (Adnkronos) - La rete libanese affiliata a Hezbollah Al-Mayadeen ha riferito che Israele ha effettuato un attacco aereo nell'area di Al-Hermel, nella regione della Bekaa, nel Libano orientale.