Il governo mette una toppa ai conti dell’Inps. Con un colpo di spugna l’esecutivo cancella 88,8 miliardi di debiti iscritti nel bilancio 2015 dell’istituto presieduto da Tito Boeri. Ma si tiene ben lontano dall’entrare nel merito della sostenibilità del sistema previdenziale. Con il disegno della legge di Bilancio 2018, il governo ha infatti deciso di compensare 29 miliardi dell’Inps con i crediti vantati dall’istituto nei confronti del Tesoro. Inoltre ha rinunciato a 59,4 miliardi di debiti che verranno considerati come “trasferimenti a titolo definitivo”. Con questa operazione, sostenuta dal ministero dell’Economia, il governo restituisce insomma solidità all’ente che a febbraio era stato bacchettato dalla Corte dei Conti per i risultati 2015 in rosso e per il progressivo deterioramento del patrimonio. Il bilancio previsionale al 2017 stimava infatti un’erosione del patrimonio netto per 7,9 miliardi. Ma con l’aiuto del governo, si prevede che quest’anno il patrimonio dell’ente possa risultare positivo per cinquanta miliardi.
L’operazione varata dal governo Gentiloni è quindi decisamente positiva per l’Inps che già in passato aveva beneficiato di una “remissione dei debiti” da parte dello Stato: nel 1998 durante il governo di Romano Prodi il bilancio dell’ente previdenziale fu “alleggerito” di 121.630 miliardi di vecchie lire di debiti (circa 62 milioni di euro). Fu in quella occasione che si stabilì per legge che le anticipazioni concesse dallo Stato per garantire alcune prestazioni erogate dovessero intendersi come “trasferimenti definitivi”. Questi ultimi però non includono anche eventuali esborsi aggiuntivi legati a “prestazioni aggiuntive” come, ad esempio, un aumento delle pensioni minime. Sono proprio queste iniziative “extra” decise dal governo di turno che obbligano l’Inps a indebitarsi per pagare il dovuto ai beneficiari registrando nei conti delle poste di passivo che nella realtà sono debiti dello Stato. Come spiega l’Ufficio parlamentare di bilancio, si tratta in effetti di una “finzione contabile”, perché di fatto l’Inps non potrà mai ripagare i debiti iscritti in bilancio per le prestazioni straordinarie. Sarà lo Stato prima o poi a farsene carico come è accaduto anche in questa occasione. Senza però risolvere le questioni più complesse come la reale sostenibilità di lungo periodo del sistema previdenziale.
La mossa del governo segna quindi una tregua nella guerra fra Poletti e Boeri sui conti dell’istituto di previdenza. Dopo la bocciatura del bilancio previsionale da parte del Consiglio di sicurezza e vigilanza dell’Inps, ad aprile scorso il ministro Poletti aveva dato il suo via libera al documento “per garantire la continuità dell’azione amministrativa”. Ma aveva poi evidenziato come fosse “necessario provvedere con urgenza al superamento delle criticità segnalate dal Collegio dei sindaci e dal Civ”. Fra queste il deterioramento patrimoniale. “Pur restando garantite dallo Stato le prestazioni poste a carico dell’istituto – aveva spiegato il Civ in una nota dello scorso 20 febbraio – è evidente che una gestione del bilancio che presenti un andamento negativo del patrimonio deve essere oggetto di adeguata ed immediata attenzione”. Una questione che il governo ha pensato bene di risolvere temporaneamente con la cancellazione dei debiti passando la patata bollente al prossimo inquilino di palazzo Chigi.
Economia
Legge di Bilancio, il colpo di spugna alla Prodi sui debiti dell’Inps che consente di prendere tempo sul nodo previdenza
L’operazione varata dal governo Gentiloni è decisamente positiva per l’istituto che già in passato aveva beneficiato di una “remissione dei debiti” da parte dello Stato. Alla base della partita, del resto, c'è quella che l'Ufficio parlamentare di bilancio definisce finzione contabile. Resta il fatto che la sostenibilità del sistema sul lungo periodo non viene ancora una volta affrontata
Il governo mette una toppa ai conti dell’Inps. Con un colpo di spugna l’esecutivo cancella 88,8 miliardi di debiti iscritti nel bilancio 2015 dell’istituto presieduto da Tito Boeri. Ma si tiene ben lontano dall’entrare nel merito della sostenibilità del sistema previdenziale. Con il disegno della legge di Bilancio 2018, il governo ha infatti deciso di compensare 29 miliardi dell’Inps con i crediti vantati dall’istituto nei confronti del Tesoro. Inoltre ha rinunciato a 59,4 miliardi di debiti che verranno considerati come “trasferimenti a titolo definitivo”. Con questa operazione, sostenuta dal ministero dell’Economia, il governo restituisce insomma solidità all’ente che a febbraio era stato bacchettato dalla Corte dei Conti per i risultati 2015 in rosso e per il progressivo deterioramento del patrimonio. Il bilancio previsionale al 2017 stimava infatti un’erosione del patrimonio netto per 7,9 miliardi. Ma con l’aiuto del governo, si prevede che quest’anno il patrimonio dell’ente possa risultare positivo per cinquanta miliardi.
L’operazione varata dal governo Gentiloni è quindi decisamente positiva per l’Inps che già in passato aveva beneficiato di una “remissione dei debiti” da parte dello Stato: nel 1998 durante il governo di Romano Prodi il bilancio dell’ente previdenziale fu “alleggerito” di 121.630 miliardi di vecchie lire di debiti (circa 62 milioni di euro). Fu in quella occasione che si stabilì per legge che le anticipazioni concesse dallo Stato per garantire alcune prestazioni erogate dovessero intendersi come “trasferimenti definitivi”. Questi ultimi però non includono anche eventuali esborsi aggiuntivi legati a “prestazioni aggiuntive” come, ad esempio, un aumento delle pensioni minime. Sono proprio queste iniziative “extra” decise dal governo di turno che obbligano l’Inps a indebitarsi per pagare il dovuto ai beneficiari registrando nei conti delle poste di passivo che nella realtà sono debiti dello Stato. Come spiega l’Ufficio parlamentare di bilancio, si tratta in effetti di una “finzione contabile”, perché di fatto l’Inps non potrà mai ripagare i debiti iscritti in bilancio per le prestazioni straordinarie. Sarà lo Stato prima o poi a farsene carico come è accaduto anche in questa occasione. Senza però risolvere le questioni più complesse come la reale sostenibilità di lungo periodo del sistema previdenziale.
La mossa del governo segna quindi una tregua nella guerra fra Poletti e Boeri sui conti dell’istituto di previdenza. Dopo la bocciatura del bilancio previsionale da parte del Consiglio di sicurezza e vigilanza dell’Inps, ad aprile scorso il ministro Poletti aveva dato il suo via libera al documento “per garantire la continuità dell’azione amministrativa”. Ma aveva poi evidenziato come fosse “necessario provvedere con urgenza al superamento delle criticità segnalate dal Collegio dei sindaci e dal Civ”. Fra queste il deterioramento patrimoniale. “Pur restando garantite dallo Stato le prestazioni poste a carico dell’istituto – aveva spiegato il Civ in una nota dello scorso 20 febbraio – è evidente che una gestione del bilancio che presenti un andamento negativo del patrimonio deve essere oggetto di adeguata ed immediata attenzione”. Una questione che il governo ha pensato bene di risolvere temporaneamente con la cancellazione dei debiti passando la patata bollente al prossimo inquilino di palazzo Chigi.
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