E se non si trattasse di una questione puramente estetica? Cioè, se fossero un’arma di distrazione di massa? Sto parlando delle scarpe di Maria Elena Boschi. Domenica, ultima giornata della Conferenza Programmatica del Pd a Portici, la Sottosegretaria (la “Mari” per amici e nemici/finti amici) si presenta con tacco 12 borchiato d’oro. Dove sta il problema? Ovviamente da nessuna parte, ognuno si veste come gli pare, e dunque anche lei. Però, le scarpe vengono notate da pubblico e telecamere. Anche perché, a un certo punto, la Boschi se le cambia: troppo scomode, sceglie degli stivaloni. E anche qui, dove sta il problema? Evidentemente non c’è.
La Boschi si attira video, foto, commenti. Grande risalto mediatico per Meb (stavolta sto usando il suo account Twitter e Instagram). D’altra parte è sempre stato così: fin da quando si presentò all’apertura della Leopolda 2013, in veste di madrina e organizzatrice, indossando scarpe tacco 12 leopardate e diventò la Giaguara. O quando, mentre scoppiava il caso Banca Etruria, arrivò nella vecchia stazione industriale, con un giorno di ritardo, ma con degli stivali fino al ginocchio. Una tenuta “aggressiva”, una scelta voluta, che denotava il desiderio di andare avanti per la sua strada. Insomma, le scarpe della Boschi fanno parte del suo personaggio politico. E incidentalmente capita che diventino argomento di dibattito più dell’assenza al Cdm che confermava Ignazio Visco, più del fatto che il sindaco di Ercolano abbia fatto pulire le strade della sua città solo perché lei aveva scelto di pernottare in un albergo lì (cortesia non richiesta, come la stessa Boschi ha denunciato in un post Facebook, ma di certo eccessiva).
Quando si tratta di lei, si scatenano dibattiti reali e virtuali, tra fan pronti a tacciare di sessismo l’eccessiva attenzione al suo look, e detrattori altrettanto pronti a criticarla per i presunti eccessi nella scelta dell’abbigliamento. A me, paiono decisamente estreme entrambe le posizioni: la Boschi, come tutti, può vestirsi come vuole. Anzi, io penso che dovrebbe farlo “godendo” del gioco e degli effetti che provoca. “Non giudicatemi per le mie scarpe”, protestò Maria Elena con Formigli, a PiazzaPulita, circa un anno fa. Richiesta più che legittima, anzi, per me scontata. Ma la domanda adesso è: tutta questa attenzione alle scarpe a chi giova davvero?
Nb: ebbene sì, forse stavolta ci sono cascata anch’io.