La Procura di Lanusei ha chiesto la proroga delle indagini sul caso dei campioni biologici spariti dal Parco Genos, laboratorio fondato nel 2000 a Perdasdefogu (Nuoro). Il garante della privacy Antonello Soro a 'La Stampa': "I nostri dati genetici oggetto di commercio? È più di un rischio"
Tutto è cominciato quando una dipendente del Parco Genos di Perdasdefogu (Nuoro), laboratorio nato nel 2000 per raccogliere e conservare campioni biologici, ha scoperto che alcuni cassetti dei banchi frigo erano stati svuotati. All’appello mancavano 25mila provette di Dna appartenenti a 14mila abitanti di Ogliastra, la regione della Sardegna centro-orientale dove risiedono alcune delle persone più longeve del mondo. La Procura di Lanusei ritiene che dietro ci sia una speculazione: per questo ha chiesto la proroga delle indagini e ha notificato avvisi di garanzia a 17 persone. A loro carico sono ipotizzati i reati di furto aggravato, peculato, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e violazione di dati relativi alla privacy.
La scoperta del furto delle provette depositate al Parco Genos era stata fatta nell’agosto 2016. Lo scandalo aveva trovato spazio sui media italiani e internazionali. Il pm Biagio Mazzeo aveva aperto un fascicolo e affidato le indagini ai carabinieri di Jerzu. Nel settembre 2016 la “refurtiva” era stata ritrovata all’ospedale San Giovanni Di Dio di Cagliari. A disporre il trasferimento del materiale “per scopi scientifici” è stato Mario Pirastu, direttore del’Istituto di genetica del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il genetista aveva seguito il caso dell’Ogliastra fin dal 2000, cioè da quando il patron di Tiscali Renato Soru decise di fondare la società di ricerca scientifica SharDna. Questa, successivamente, è fallita ed è stata acquistata (insieme a tutti i campioni biologici) l’anno scorso dalla società inglese Tiziana Life per 250mila euro. Vendita che aveva suscitato malumori e polemiche tra gli ogliastrini che avevano donato il proprio Dna.
A La Stampa, il procuratore Mazzeo ha spiegato cosa secondo lui sta dietro il furto del materiale biologico. “Il nostro sospetto è che si potesse creare una grossa speculazione e che i campioni potessero essere utilizzati per realizzare brevetti da rivendere alle case farmaceutiche – ha detto il pm -. Nella vicenda si è creato un grosso corto circuito: si è partiti da una ricerca senza scopo di lucro, alla quale la gente aveva partecipato con entusiasmo, e si è arrivati a un intricato affare internazionale. “I prelievi erano stati fatti con una finalità di ricerca e non per essere rivenduti”, ribadisce il comandante dei carabinieri di Jerzu Giuseppe Merola.
Il patrimonio della regione sarda, infatti, faceva e fa tuttora gola a tanti. È stato accertato che nella zona compresa fra Perdasdefogu, Villagrande, Arzana, Talana, Urzulei, Villanova e Baunei, il cibo, l’aria e la natura hanno prodotto una specie di mutazione, un Dna particolare, che è la spiegazione dell’anomalo numero di centenari che abitano quelle terre. Il caso ha attirato l’attenzione di antropologi e studiosi da ogni continente: tra gli altri, hanno studiato il fenomeno anche i ricercatori dell’Iowa State University e dell’università di Osaka. Il regista Pietro Mereu gli ha dedicato il documentario Il club dei centenari, uscito quest’anno.
Tra i 17 indagati dalla Procura di Lanusei ci sono gli amministratori e i presidenti che si sono succeduti negli anni nella SharDna e nel Parco Genos, oltre ai sindaci di alcuni Comuni che avevano concesso arbitrariamente l’accesso agli uffici delle anagrafi comunali al fine della ricerca. Gli iscritti nel registro degli indagati erano 53, ma per 36 la posizione penale è stata stralciata.
Sulla vicenda è intervenuto anche il garante della privacy Antonello Soro, intervistato sempre dal quotidiano torinese. “I nostri dati genetici oggetto di commercio? È più di un rischio”, ha detto Soro. “E i pericoli per tutti noi aumentano se i colossi del digitale entrano in possesso di informazioni sul nostro profilo genetico, sullo stato di salute, sulle caratteristiche biologiche o la predisposizione a sviluppare determinate malattie – ha spiegato riferendosi alla volontà di Google di creare una grande banca dati genetica -. Le informazioni raccolte potrebbero essere appetibili per le compagnie assicurative o per i datori di lavoro interessati a selezionare il proprio personale sulla base delle caratteristiche genetiche, o addirittura per le case farmaceutiche desiderose di testare nuovi farmaci su soggetti selezionati”.