Sayfullo Saipov era arrivato negli Stati Uniti nel 2010. Dopo due tappe in Ohio e Florida, si era stabilito a Paterson, nel New Jersey. Aveva fatto l'autista di camion e per Uber. Nel suo passato, solo un arresto per non essere riuscito a pagare una multa perché i freni della sua auto non funzionavano. I sospetti sulla moschea che frequentava, finita in un programma di sorveglianza tra il 2006 e il 2014
Era arrivato dall’Uzbekistan nel 2010 e dopo un po’ di girovagare tra l’Ohio e la Florida, si era stabilito a Paterson, nel New Jersey. Così quando martedì pomeriggio attorno alle 3 ha deciso di riportare il terrore islamico nel centro di New York, Sayfullo Habibullaevic Saipov ha dovuto solo attraversare il fiume Hudson e infilarsi nelle vie trafficate di Manhattan con il pick-up affittato appositamente per seminare il panico tra West Street e Chambers Street. Ha fatto 8 morti e 11 feriti, prima di essere arrestato dalla polizia.
Lui, il terrorista islamista, sopravviverà: ferito all’addome dagli agenti, è stato sottoposto a un intervento chirurgico e non sarebbe in pericolo di vita. Ma da oggi il suo unico precedente non sarà quell’arresto avvenuto lo scorso anno nella St Charles County, in Missouri: un freno della sua auto era malfunzionante, ma lui non era riuscito a pagare la multa. Venne scattata allora la foto segnaletica che ora fa il giro del mondo. Né prima né dopo i poliziotti avevano mai sentito parlare di questo 29enne nato a Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan.
Saipov, capelli ispidi e barba lunga, dopo l’arrivo all’aeroporto Jfk ormai sette anni fa, se n’era andato in Ohio. Dopo qualche mese, il trasferimento a Fort Myers, vicino a Tampa, in Florida. È che inizia a lavorare davvero: fa l’autista di camion e ottiene la Green Card. “Un tipo tranquillo”, racconta chi lo frequentava all’epoca. Frasi già viste e sentite tra le persone che avevano a che fare con altri terroristi. Negli ultimi anni, un altro trasferimento. Con la moglie e i suoi tre figli se n’era andato a Paterson, una cittadina del New Jersey, e si guadagnava da vivere facendo l’autista di Uber.
Ma è nel luogo in cui trascorreva il suo tempo libero che si trova l’unica traccia che colleghi la vita di Saipov all’autoproclamatosi califfato. Frequentava la moschea di Paterson che, raccontano i media americani, era entrato nel programma di sorveglianza musulmana della polizia di New York nel 2006 per uscirne nel 2014. E il suo nome sarebbe anche in un’indagine su quattro uzbeki che avrebbero voluto costruire una cellula islamista negli Stati Uniti, ma non ci sono conferme se il suo nome rientrasse tra i quattro sospettati o se, più semplicemente, li frequentasse.
Martedì mattina ha noleggiato un pickup bianco da Home Depot per 19 dollari, ha attraversato il fiume Hudson e si è infilato nel cuore di Manhattan passando per le vie vicine a Ground Zero. Poi ha accelerato falciando biciclette e passanti. Accanto a lui, nell’abitacolo, quella Green Card simbolo simbolo dei “residenti permanenti” e un bigliettino: “Giuro fedeltà all’Isis”. La multa non pagata, adesso, è l’ultimo dei suoi problemi.