Uno sversamento “abbondante” di “liquido di colore nero” che “potrebbe aver causato grave danno all’ambiente marino”. Persino gli scogli vicini allo scarico della centrale Enel di Brindisi “avevano evidenti tracce” di quella melma, un dato che farebbe pensare a “un fenomeno non isolato”, anzi “da ritenersi retrodatato” vista la “particolarità e la virulenza con la quale già visivamente la scogliera si presenza deturpata” con possibile “soffocamento della flora acquatica”.
Adesso la Capitaneria di porto di Brindisi, coordinata dal Nucleo operativo di polizia ambientale della Direzione marttina di Bari, ha posto sotto sequestro l’impianto di raccolta acque di dilavamento meteoriche e denunciato i dirigenti della centrale, già finita al centro di diverse inchieste della magistratura per l’inquinamento dei campi vicini al carbonile scoperto fino al 2016 e per la vendita di ceneri leggere che avrebbero dovuto essere smaltite. Secondo quanto hanno accertato i militari della Capitaneria assieme all’Arpa Puglia, sotto il controllo del pm Luca Miceli, l’impianto – che sfocia nel porto di Brindisi – era regolarmente autorizzato ma lo “sversamento abusivo”.
Quelle acque, infatti, aveva un colore scuro intenso “tipico di acqua mista a carbone”, il combustibile che alimenta l’impianto brindisino, ed erano “apparentemente cariche di solidi sospesi”. La fuoriuscita “aveva interessato lo specchio di mare per una profondità di circa 70-80 metri ed un’estensione di circa 200 metri” e potrebbe aver causato un “grave danno all’ambiente marino” con “conseguenze immaginabili sotto il profilo biologico, in particolare per il soffocamento della flora acquatica dovuta alla precipitazione del carbone nei sedimenti marini”.
Secondo Enel, lo sversamento sarebbe invece avvenuto in una sola occasione – lo scorso 2 novembre – per una perdita nella zona del nastro trasportatore della centrale che taglia le campagne per 12 chilometri tra il molo carbonile del porto di Brindisi e l’impianto. L’incidente, continua l’azienda elettrica, “appare riconducibile alle operazioni di una ditta appaltatrice” che “ha operato in violazione delle corrette procedure tecniche” e per questo sarebbe stata subito sospesa.