La mitragliatrice aveva appena iniziato a far soffiare il suo vento di morte. Da destra a sinistra o da sinistra a destra o tutt’e due. Come sarebbe successo a Marzabotto, come sarebbe successo a Sant’Anna di Stazzema, come sarebbe successo decine e decine di volte, da Sud a Nord, fino al 25 aprile. Virginia aveva 7 anni: la sua mamma la teneva stretta, addosso, nascosta tra le gonne, i cappotti, altri stracci della gente ammassata in un angolo del loro paese. Fu proprio la mamma di Virginia ad essere trafitta ai primi giri di mitra contro gli abitanti di Pietransieri, frazione di Roccaraso, sull’Appennino abruzzese. Virginia cadde insieme al corpo senza vita della mamma, anzi sotto al suo corpo. Nascosta da uno scialle, immobile. Mentre i tedeschi sparavano ancora, mentre le urla non finivano mai. Finché “non si sentivano neanche più gli uccelli” ha raccontato una volta Virginia Macerelli, che oggi ha 81 anni. “Io dopo le prime scariche di mitra, che falciarono mia mamma e mio papà, finii sotto i loro corpi che mi protessero. Così mi sono salvata, ancora una volta grazie alla protezione dei miei genitori”. E’ l’unica superstite, l’unica testimone diretta dell’orrore. “Avevo alzato la testa quando ero ancora sotto a mamma ed avevo visto mio fratello che mi stava vicino. Mi ha detto: Virginia, è morta mamma? Io gli risposi di sì. Era morta sull’istante, l’avevo morta su di me. Mio fratello aveva un buco fatto con la mitragliatrice. Un buco da parte a parte che gli aveva trapassato un occhio. Poi, dopo che gli avevo risposto, abbassò la testa e morì anche lui…”.
Ieri il piccolo tribunale di Sulmona, in provincia dell’Aquila, ha dichiarato la grande Repubblica Federale di Germania – colpevole di quella strage, l’eccidio dei Limmari, dal nome dei boschi vicini. Il giudice Giovanna Bilò ha riconosciuto anche un risarcimento di 1,6 milioni di euro al Comune di Roccaraso e di circa 5 milioni a gran parte degli eredi delle vittime.
I nazisti tra il 16 e il 21 novembre 1943 trucidarono 128 persone inermi, di cui 60 donne, molti anziani e 34 bambini al di sotto dei 10 anni, uno dei quali di appena un mese. Non ci fu una ragione precisa. Solo il sospetto che la popolazione sostenesse, nascondesse, aiutasse i partigiani. Nessuna prova. Eppure i tedeschi avevano lanciato avvertimenti per giorni. “Tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico” fece scrivere Kesselring su un manifesto. Messaggi che gli abitanti delle frazioni di Roccaraso fecero cadere perché vivevano già in casali distribuiti nelle radure di quella parte d’Abruzzo, in condizioni modestissime. Insomma: non sapevano dove altro andare.
I tedeschi così decisero di farli fuori, di farne fuori il più possibile, anche se molte delle vittime non potevano essere considerati certo un pericolo. I soldati erano guidati dal maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg, che aveva già dato prova del suo “coraggio” due mesi prima, il 21 settembre, a Matera, la prima città insorta contro l’alleanza nazi-fascista. Prima di abbandonare la città il maggiore Graf von der Schulenburg ordinò di far saltare in aria il palazzo della Milizia che nel frattempo era diventato prigione: morirono in 15, in trappola come topi. A Pietransieri, invece, dopo gli avvertimenti, l’ufficiale comandò ai suoi prima di accanirsi sul bestiame, abbattuto a colpi di mitra e abbandonato. Poi, al pari delle bestie, toccò agli abitanti inermi.
“La verità – spiega il giudice Bilò nelle motivazioni – è che una simile strage fu resa possibile proprio dalla sistematica accondiscendenza, quando non dalla sollecitazione, da parte dei vertici dell’esercito tedesco di tali atti di assassinio, sterminio, deportazione e violazione della vita privata ai danni della popolazione civile e con il dichiarato fine di contrastare qualsivoglia pericolo alla supremazia tedesca”. Lo sterminio degli abitanti di Pietransieri fu, “più cinicamente, lo strumento attraverso il quale l’esercito tedesco, intimorito dall’avanzare delle avanguardie alleate, fece piazza pulita dei civili ancora presenti nella fascia di sicurezza”. I tedeschi avevano paura degli agguati dei partigiani e così anticipavano le loro rappresaglie. Arrivando ad ammazzare donne, vecchi, bambini.
Così il tribunale di Sulmona si mette sulle spalle un po’ della responsabilità che l’Italia in questi settant’anni non ha mai avuto la capacità e la voglia di prendersi. Prima voltando verso il muro un armadio che conteneva 700 faldoni su tutte le peggiori azioni dei nazisti nei confronti degli ex alleati italiani. Poi portando a compimento inchieste solo su metà di quei fascicoli (spesso per mancata accuratezza) lasciando fuori per esempio gli eccidi dei soldati italiani nei Balcani e nelle isole della Grecia. Infine non facendo eseguire le pene inflitte agli ufficiali tedeschi rimasti in vita condannati per aver partecipato alle stragi in Italia.
Per Francesco Di Donato, giovane sindaco di Roccaraso (che tra due settimane ricorderà l’eccidio), sono “decisioni coraggiose ed esemplari”. La strage di 74 anni fa, dice, per il suo paese è una “ancora una ferita aperta”. “Una sentenza significativa – aggiunge Monica Oddis, la sua vice ma soprattutto avvocato nel pool di legali che hanno intentato la causa con Lucio Olivieri e Claudia Di Padova – che va oltre l’aspetto economico, che non cancella il dolore per questa strage terribile ma che ci aiuterà a progettare nuove iniziative per trasferire alle nuove generazioni un messaggio di memoria e di pace”.
L’eccidio dei Limmari fu una delle prime stragi di civili di oltre 400 compiute dai nazisti, spesso con la complicità dei fascisti locali, avvenute tra il 12 agosto 1943 quando i tedeschi fecero strage a Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, e il giorno della Liberazione, il 25 aprile di due anni dopo. Un’escalation che aumentò di ritmo e di delirio dal giorno dell’anomalo armistizio firmato dal nuovo capo del governo Pietro Badoglio, l’8 settembre 1943, e soprattutto con l’avanzata degli alleati da Sud e la ritirata della Wehrmacht e delle Ss, con relativa scia di sangue. Alla fine, con un conto approssimativo, si calcola che le vittime civili di quelle stragi sono state almeno 15mila.
Quello per la strage di Pietransieri è stato un processo diverso da quelli – penali e militari – celebrati nei confronti di decine di soldati della Wehrmacht e delle Ss dai tribunali italiani, soprattutto quello di La Spezia. In quel caso furono pronunciate numerose condanne all’ergastolo per sottufficiali e altri militari. Ma le sentenze non sono mai state eseguite perché la Germania o ha ignorato le richieste di esecuzione o non ha dato l’ok per l’estradizione.
Giustizia & Impunità
Stragi naziste, Berlino condannata a risarcire per l’eccidio dei Limmari: “Terzo Reich complice. E la Germania ne è erede”
Nella strage morirono 128 abitanti di Pietransieri, tra cui 60 donne, 34 bambini e molti anziani. Si salvò solo una bambina di 7 anni, Virginia, unica che ha potuto raccontare cos'è successo. Il giudice ha disposto il pagamento di 1,6 milioni al Comune di Roccaraso e 5 milioni a parte degli eredi delle vittime
La mitragliatrice aveva appena iniziato a far soffiare il suo vento di morte. Da destra a sinistra o da sinistra a destra o tutt’e due. Come sarebbe successo a Marzabotto, come sarebbe successo a Sant’Anna di Stazzema, come sarebbe successo decine e decine di volte, da Sud a Nord, fino al 25 aprile. Virginia aveva 7 anni: la sua mamma la teneva stretta, addosso, nascosta tra le gonne, i cappotti, altri stracci della gente ammassata in un angolo del loro paese. Fu proprio la mamma di Virginia ad essere trafitta ai primi giri di mitra contro gli abitanti di Pietransieri, frazione di Roccaraso, sull’Appennino abruzzese. Virginia cadde insieme al corpo senza vita della mamma, anzi sotto al suo corpo. Nascosta da uno scialle, immobile. Mentre i tedeschi sparavano ancora, mentre le urla non finivano mai. Finché “non si sentivano neanche più gli uccelli” ha raccontato una volta Virginia Macerelli, che oggi ha 81 anni. “Io dopo le prime scariche di mitra, che falciarono mia mamma e mio papà, finii sotto i loro corpi che mi protessero. Così mi sono salvata, ancora una volta grazie alla protezione dei miei genitori”. E’ l’unica superstite, l’unica testimone diretta dell’orrore. “Avevo alzato la testa quando ero ancora sotto a mamma ed avevo visto mio fratello che mi stava vicino. Mi ha detto: Virginia, è morta mamma? Io gli risposi di sì. Era morta sull’istante, l’avevo morta su di me. Mio fratello aveva un buco fatto con la mitragliatrice. Un buco da parte a parte che gli aveva trapassato un occhio. Poi, dopo che gli avevo risposto, abbassò la testa e morì anche lui…”.
Ieri il piccolo tribunale di Sulmona, in provincia dell’Aquila, ha dichiarato la grande Repubblica Federale di Germania – colpevole di quella strage, l’eccidio dei Limmari, dal nome dei boschi vicini. Il giudice Giovanna Bilò ha riconosciuto anche un risarcimento di 1,6 milioni di euro al Comune di Roccaraso e di circa 5 milioni a gran parte degli eredi delle vittime.
I nazisti tra il 16 e il 21 novembre 1943 trucidarono 128 persone inermi, di cui 60 donne, molti anziani e 34 bambini al di sotto dei 10 anni, uno dei quali di appena un mese. Non ci fu una ragione precisa. Solo il sospetto che la popolazione sostenesse, nascondesse, aiutasse i partigiani. Nessuna prova. Eppure i tedeschi avevano lanciato avvertimenti per giorni. “Tutti coloro che si troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra dell’esercito germanico” fece scrivere Kesselring su un manifesto. Messaggi che gli abitanti delle frazioni di Roccaraso fecero cadere perché vivevano già in casali distribuiti nelle radure di quella parte d’Abruzzo, in condizioni modestissime. Insomma: non sapevano dove altro andare.
I tedeschi così decisero di farli fuori, di farne fuori il più possibile, anche se molte delle vittime non potevano essere considerati certo un pericolo. I soldati erano guidati dal maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg, che aveva già dato prova del suo “coraggio” due mesi prima, il 21 settembre, a Matera, la prima città insorta contro l’alleanza nazi-fascista. Prima di abbandonare la città il maggiore Graf von der Schulenburg ordinò di far saltare in aria il palazzo della Milizia che nel frattempo era diventato prigione: morirono in 15, in trappola come topi. A Pietransieri, invece, dopo gli avvertimenti, l’ufficiale comandò ai suoi prima di accanirsi sul bestiame, abbattuto a colpi di mitra e abbandonato. Poi, al pari delle bestie, toccò agli abitanti inermi.
“La verità – spiega il giudice Bilò nelle motivazioni – è che una simile strage fu resa possibile proprio dalla sistematica accondiscendenza, quando non dalla sollecitazione, da parte dei vertici dell’esercito tedesco di tali atti di assassinio, sterminio, deportazione e violazione della vita privata ai danni della popolazione civile e con il dichiarato fine di contrastare qualsivoglia pericolo alla supremazia tedesca”. Lo sterminio degli abitanti di Pietransieri fu, “più cinicamente, lo strumento attraverso il quale l’esercito tedesco, intimorito dall’avanzare delle avanguardie alleate, fece piazza pulita dei civili ancora presenti nella fascia di sicurezza”. I tedeschi avevano paura degli agguati dei partigiani e così anticipavano le loro rappresaglie. Arrivando ad ammazzare donne, vecchi, bambini.
Così il tribunale di Sulmona si mette sulle spalle un po’ della responsabilità che l’Italia in questi settant’anni non ha mai avuto la capacità e la voglia di prendersi. Prima voltando verso il muro un armadio che conteneva 700 faldoni su tutte le peggiori azioni dei nazisti nei confronti degli ex alleati italiani. Poi portando a compimento inchieste solo su metà di quei fascicoli (spesso per mancata accuratezza) lasciando fuori per esempio gli eccidi dei soldati italiani nei Balcani e nelle isole della Grecia. Infine non facendo eseguire le pene inflitte agli ufficiali tedeschi rimasti in vita condannati per aver partecipato alle stragi in Italia.
Per Francesco Di Donato, giovane sindaco di Roccaraso (che tra due settimane ricorderà l’eccidio), sono “decisioni coraggiose ed esemplari”. La strage di 74 anni fa, dice, per il suo paese è una “ancora una ferita aperta”. “Una sentenza significativa – aggiunge Monica Oddis, la sua vice ma soprattutto avvocato nel pool di legali che hanno intentato la causa con Lucio Olivieri e Claudia Di Padova – che va oltre l’aspetto economico, che non cancella il dolore per questa strage terribile ma che ci aiuterà a progettare nuove iniziative per trasferire alle nuove generazioni un messaggio di memoria e di pace”.
L’eccidio dei Limmari fu una delle prime stragi di civili di oltre 400 compiute dai nazisti, spesso con la complicità dei fascisti locali, avvenute tra il 12 agosto 1943 quando i tedeschi fecero strage a Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, e il giorno della Liberazione, il 25 aprile di due anni dopo. Un’escalation che aumentò di ritmo e di delirio dal giorno dell’anomalo armistizio firmato dal nuovo capo del governo Pietro Badoglio, l’8 settembre 1943, e soprattutto con l’avanzata degli alleati da Sud e la ritirata della Wehrmacht e delle Ss, con relativa scia di sangue. Alla fine, con un conto approssimativo, si calcola che le vittime civili di quelle stragi sono state almeno 15mila.
Quello per la strage di Pietransieri è stato un processo diverso da quelli – penali e militari – celebrati nei confronti di decine di soldati della Wehrmacht e delle Ss dai tribunali italiani, soprattutto quello di La Spezia. In quel caso furono pronunciate numerose condanne all’ergastolo per sottufficiali e altri militari. Ma le sentenze non sono mai state eseguite perché la Germania o ha ignorato le richieste di esecuzione o non ha dato l’ok per l’estradizione.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.