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Israele, Theresa May fa bene a festeggiare per la Dichiarazione Balfour

Il 2 novembre 1917 il governo Britannico assunse, per il tramite di Lord Arthur James Balfour, titolare degli Esteri, l’impegno di favorire la nascita di un focolare nazionale ebraico nell’area che sarebbe diventata oggetto di un suo mandato attribuitole dalla Società delle Nazioni (oggi Nazioni Unite). La Dichiarazione Balfour fu concepita come una dichiarazione rivolta al rappresentante della Comunità ebraica inglese Lord Rothschild, da inoltrare alla Federazione sionista britannica. Il testo era il seguente: “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.

Il valore legale della Dichiarazione era indubbio, in quanto consacrato sia dall’anzidetto Mandato sia dalla sua inclusione nel Trattato di Sèvres che suggellava la pace con la Turchia. Per il Sionismo, la Dichiarazione Balfour ebbe a rappresentare il coronamento del suo sogno: quello di normalizzare il popolo ebraico, rendendolo eguale agli altri, con un proprio territorio dove fondare uno Stato che lo sottraesse alle persecuzioni. Un anelito che ben s’inseriva nella scia dei diversi movimenti nazionali che avevano dato luogo alla creazione di nuovi Stati (ad esempio Polonia e Ungheria), come l’Italia, nata nel 1861 quale coronamento del Risorgimento.

La condizione degli ebrei era grave in alcuni Paesi, drammatica in altri. Anche oggi, a fronte di gravi rischi per la sopravvivenza, gli ebrei sanno che Israele potrà sempre offrire un rifugio. Il Sionismo si affermò nella seconda metà dell’800 come movimento che dava voce alle diverse aspirazioni nazionali del Popolo ebraico, destinate a confluire nel progetto politico di uno Stato Nazione, proposto da Theodor Herzl alla fine dell’800. Lo spartiacque del Sionismo fu l’affare Dreyfus. Durante la guerra franco prussiana, l’ufficiale francese Alfred Dreyfus era stato condannato per alto tradimento, accusa poi rivelatasi falsa, che ebbe però l’effetto di aprire il dibattito internazionale sull’antisemitismo. Theodor Herzl, che assistette allo spettacolo della folla che gridava “a morte gli ebrei”, capì che l’unico modo per ridare dignità agli ebrei come popolo fosse quello di restituire l’ebraismo alla storia in quanto nazione e non più in quanto religione o minoranza, in balia degli umori mutevoli di ciascun governo.

Theodor Herzl diede una base teorica al sionismo scrivendo Lo Stato Ebraico, che intendeva come Stato degli Ebrei, e che dava il via al progetto politico sionista, che raccolse le sue varie correnti (socialista, liberale, spirituale, religiosa, laica). Contemporaneamente, rinasceva anche la lingua ebraica, rivitalizzata da Eliezer Ben Yehuda e che sarebbe diventato l’ebraico contemporaneo, lingua ufficiale delle istituzioni ebraiche e nascevano i kibbutzim come esperimento di socialismo reale.

Venendo ai giorni nostri, l’odio antiebraico rivolto contro il sionismo cerca di etichettare questo fenomeno come movimento colonialista, perché la realtà è sovente la Cenerentola delle narrazioni. La verità è che il Sionismo determinò la nascita di una Nazione sulle ceneri di un regime imperialista (l’Impero Ottomano) ed era la negazione del colonialismo, che viceversa presuppone che uno stato vi sia già.

Fa bene, dunque, il Premier britannico Theresa May a festeggiare la Dichiarazione Balfour, per il significato altissimo del movimento nazionalista che ne sarebbe stato beneficiato e del superamento delle immani sofferenze del popolo ebraico. Ma fa bene per un’ulteriore ragione, che risiede nel successo del Sionismo, che ha dato vita all’unico Stato del Medio Oriente in cui la popolazione araba gode assieme agli ebrei di tutti i diritti economici, sociali e religiosi. Non esistono Paesi nel Medio Oriente nei quali il dialogo e il confronto politico godano dell’immensa libertà di cui godono in Israele. Certamente non contribuisce alla popolarità di Israele la comparazione del suo successo con il panorama non certo esaltante dei suoi vicini.

Non possiamo però celebrare fino in fondo la Dichiarazione Balfour se al contempo non dedichiamo tutti i nostri sforzi al raggiungimento della pace e della fratellanza fra arabi ed ebrei in Medio Oriente. Chi potrebbe mai resistere a un’offensiva di pace che affratellasse arabi ed ebrei? Manifestazioni di questo tipo si sono svolte di recente in Israele e la mancata pubblicità non ne intacca di sicuro la rilevanza. Sarebbe bello che si svolgessero anche da noi manifestazioni miste fra islamici ed ebrei in favore della pace, perché è molto più importante la pace che promana dai cuori di quella consacrata nei documenti perché la prima, presto o tardi, troverà un suggello negli atti e nei fatti. Dipende da noi.