“Sono stato io a portare le fotografie di quel ragazzo ai carabinieri le ho trovate su Facebook. Gli ho dato anche il telefono e qualche giorno dopo pure la foto del complice. È stata mia figlia a recuperarla”. C’è anche un padre che si attivato in ogni modo per aiutare la figlia a uscire dall’incubo di quello stupro “feroce” e “premeditato” – come scrive il gip di Roma – nella cronaca delle prime ore che hanno dato vita all’inchiesta – come scrive il Corriere della Sera – che ha portato all’arresto di Mario Seferovic, 21 anni, e Bilomante Maikon Halilovic, 26, i due ragazzi di origine bosniaca che lo scorso 10 maggio hanno ammanettato due ragazzine in un bosco prima di abusarne e ora accusati di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona continuato in concorso.
Domani il giudice interrogherà i due indagati. “Le modalità con cui le violenze sono state ideate e portate a termine sono sintomatiche di freddezza e determinazione unite a un’assoluta mancanza di scrupoli – scrive il gip nel provvedimento – e a non comune ferocia verso le vittime” col rischio “che possa trattarsi di casi non isolati ma destinati a ripetersi in coerenza con una personalità incline alla sopraffazione e al brutale soddisfacimento di istinti di violenza”.
Non è escluso che nell’interrogatorio di convalida le strategie difensive dei due rom di origini bosniaca possano scindersi. In particolare Seferovic potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere e restare muto davanti alle domande degli inquirenti. Percorso diverso potrebbe intraprendere Halilovic che, invece, potrebbe affrontare le domande del gip nel tentativo di “alleggerire” la sua posizione. Sta di fatto che il quadro delle accuse nei confronti dei due sembrano definite. Un impianto solido, spiega chi indaga, che si è rafforzato ulteriormente il 2 agosto scorso quando le ragazze, nell’ambito di un incidente probatorio, “hanno ricostruito – scrive il gip – in maniera non contraddittoria lo stupro e hanno dato particolari utili per l’identificazione del complice di Seferovic, da entrambe indicate con il nome di Cristian”. Ed è proprio da quell’atto istruttorio irripetibile che il cerchio intorno ai due ragazzi ha cominciato a stringersi.
Le ragazzine hanno affermato che Seferovic ha corteggiato una delle due per alcune settimane e poi le ha chiesto di uscire invitandola a portare anche una sua amica, assicurando che lui avrebbe fatto lo stesso. All’appuntamento, fissato nel tardo pomeriggio del 10 maggio, la ragazza si presenta con un’amica. Secondo quanto raccontato dalle due minorenni l’incubo sarebbe durato circa un’ora. Legate ad un recinto con delle manette che avevano portato i due ragazzi, le due sono state violentate dal “Alessio il sinto”, che avevano conosciuto in chat, utilizzando Facebook. Al termine dello stupro sono gli stessi aggressori a lasciare andare le due minacciandole di non raccontare niente a nessuno. Un particolare inquietante che emerge dalle carte dell’inchiesta è legato sempre a Seferovic, che ha contattato “la madre di una delle ragazze, forse anche per appurare se le vittime avessero rispettato la consegna del silenzio”.