Sayed Ahmed Alwadaei è il direttore dei programmi di sensibilizzazione dell’Istituto per i diritti e la democrazia in Bahrein. Dalla Gran Bretagna, dove vive, promuove iniziative per informare l’opinione pubblica e i governi sulla situazione dei diritti umani nel regno del Golfo persico, di cui spesso si è scritto in questo blog.
Nell’ottobre 2016 ha organizzato una manifestazione pacifica di fronte a Downing Street, la residenza del primo ministro britannico, dove stava arrivando per colloqui il re Hamad al Khalifa. Da quel momento è iniziata la persecuzione dei suoi familiari. Poche ore dopo la manifestazione la moglie di Alwadaei, Duaa, è stata bloccata all’aeroporto internazionale del Bahrein, mentre stava salendo a bordo di un aereo diretto a Londra. È stata rilasciata dopo sette ore di duri interrogatori e minacce.
Nel marzo di quest’anno sono stati arrestati la suocera e il cognato di Alwadaei, Hajer Mansoor e Sayed Nizar Alwadaei. Sono stati interrogati a lungo sulle attività del loro parente in Gran Bretagna e, dopo alcuni giorni, rinviati a processo per terrorismo con l’accusa di aver inscenato un falso attentato. Una settimana fa, sono stati condannati a tre anni di carcere. Un terzo imputato, Mahmoud Marzooq, cugino di Alwadaei, è stato assolto per il falso attentato ma condannato a un mese e mezzo in carcere per aver acquistato un pugnale.
Sul procedimento giudiziario erano già intervenuti sei esperti delle Nazioni Unite e lo stesso Comitato Onu contro la tortura, esprimendo preoccupazione per l’arbitrarietà degli arresti nonché per le minacce di morte e le torture che gli imputati avevano denunciato di aver subito nel corso degli interrogatori.
Queste le prime parole di Alwadaei alla notizia della sentenza nei confronti dei suoi tre parenti: “Condannando tre miei parenti per una manifestazione che io ho organizzato a Londra, la monarchia del Bahrein ha segnato il suo punto più basso. Mi distrugge sapere che la mia famiglia ha subito la tortura e viene perseguitata a causa delle mie attività. Non mi darò pace fino a quando i miei parenti non saranno rilasciati e farò di tutto per chiamare a rispondere chi li ha perseguitati”.