Tutte a processo le 17 persone coinvolte nell’inchiesta sulla presunta illecita gestione dell’impianto di incenerimento di rifiuti della cementeria della Buzzi Unicem di Barletta. Tra gli imputati i vertici dell’azienda, componenti del comitato tecnico della Provincia di Barletta-Andria-Trani, funzionari regionali e dell’Arpa Puglia. A vario titolo rispondono delle accuse di cooperazione in disastro ambientale colposo, di reati in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti e, i pubblici funzionari, di falso ideologico e omissioni. Oltre al Comune di Barletta, si sono costituiti parti civili anche la Provincia Bat, la Regione Puglia e il Comitato Operazione aria pulita, che con le sue segnalazioni ha chiesto più volte alla procura di Trani di indagare.

LA DECISIONE DEL GUP – Il gup del tribunale di Trani Francesco Messina ha rinviato a giudizio 9 persone, per le quali il processo inizierà il 18 gennaio 2018, mentre gli altri 8 imputati, tutti tecnici di Arpa Puglia e del comitato della Provincia di BAT, hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, fissato per il 24 gennaio. Nonostante il pm Antonio Savasta (poi sostituito dal collega Michele Ruggiero) avesse chiesto il non luogo a procedere, il gup ha preso una decisione che va in direzione opposta. Una scelta motivata dalla complessità del procedimento stesso, che non solo riguarda problematiche d’impatto ambientale, ma anche questioni amministrative legate ai rapporti fra enti pubblici e soggetti privati.

L’INCHIESTA – Secondo l’impianto accusatorio la cementeria di Barletta ha violato il piano regionale di gestione di rifiuti, ottenendo indebitamente l’autorizzazione ad aumentare la quantità di rifiuti speciali da incenerire, da 51mila a 65mila tonnellate all’anno. In seguito alle segnalazioni, la Guardia di finanza ha avviato le indagini. Tutto parte, secondo quanto scriveva il pm dalla gestione “di un impianto d’incenerimento di rifiuti speciali” al posto di quelli pericolosi, grazie “all’autorizzazione o al falso parere favorevole all’esercizio di quest’attività fornito dai funzionari regionali e dai dipendenti dell’Agenzia regionale per l’ambiente con la qualifica di pubblici ufficiali”. La cementeria ha ottenuto l’autorizzazione “sul falso presupposto del possesso di una autorizzazione a incenerire 20mila tonnellate all’anno di rifiuti pericolosi, costituiti da olii minerali”. In realtà non si trattava di un “vero e proprio impianto di incenerimento originariamente creato ad hoc” ma, appunto, di una cementeria. Nonostante questo l’impianto ha ottenuto una nuova autorizzazione che ha portato la sua potenzialità da 140 tonnellate al giorno di rifiuti pericolosi a 178 tonnellate al giorno di rifiuti speciali. Una nuova attività che, in pratica, è stata fatta “risultare apparentemente come incremento di una attività autorizzata di combustione di rifiuti”. Gli effetti? Questo smaltimento “illecito” di rifiuti speciali, secondo l’accusa, ha causato “emissioni inquinanti prodotti dalla combustione di rifiuti superiori al limite di legge prevista nell’ambito della tipologia dei rifiuti, trattandosi di un impianto situato nei 200 metri da insediamenti residenziali”.

TUTTI A PROCESSO – Alla sbarra i responsabili legali della società Buzzi Unicem di Casale Monferrato (Torino), Silvio Picca e Pietro Buzzi; i rappresentanti legali delle aziende che conferivano nell’impianto, Giuseppe Angelo Dalena, della Dalena ecologia di Putignano e Ruggiero Rosario Bruno, della Trasmar di Barletta; i membri del comitato tecnico della Provincia BAT che rilasciarono la valutazione di impatto ambientale nel 2011 Pasquale Antonio Casieri, Giancarlo Chiaia e Giampaolo Sechi; i due dirigenti della Regione Puglia Giuseppe Tedeschi e Francesco Paolo Garofoli.

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