Davide Rivolta, 36 anni, senior lecturer in psicologia presso la University of East London ha deciso di rientrare dopo tanti anni all'estero. “Ho ricevuto una chiamata diretta e da fine ottobre sono professore associato dell’Università di Bari. Ma tra altri dieci anni non so dove sarò"
“Quando dieci anni fa me ne sono andato dall’Italia ho pensato: ‘Non scapperò per sempre’”. A parlare è Davide Rivolta, nato a Pavia 36 anni fa, senior lecturer in psicologia presso la University of East London. La parentesi inglese, però, sta per terminare: “Ho ricevuto una chiamata diretta per venire a insegnare in Italia e da fine ottobre sono professore associato dell’Università di Bari”, racconta.
Per rientrare in Italia dalla porta principale, però, ha lavorato sodo. Il suo è un impegno iniziato più di dieci anni fa, quando, subito dopo la laurea, ha deciso di partire per l’Australia: “Avevo sempre vissuto a Pavia, nel mio piccolo mondo – ammette -, e a un certo punto, arrivato alla soglia dei 25 anni, è venuta fuori tutta la mia voglia di mettermi alla prova”. Dopo aver letto che c’erano dei bandi per borse di studio in Australia, ha deciso di provare: “Mi sono lanciato e ce l’ho fatta – ricorda -, con il mio zaino in spalla mi sono trasferito a Sydney per fare il PhD in cognitive science, dove mi sono focalizzato sulla prosopagnosia”. Un’esperienza di vita che l’ha segnato profondamente: “Sono stati quattro anni bellissimi, dal punto di vista umano e professionale – sottolinea -, abitavo in una casa sulla spiaggia, la mattina prima di andare a lavoro facevo surf”. “L’Australia è un mondo a sé e io amavo quello stile di vita, tanto che i primi tempi ho pensato che non sarei tornato mai più – aggiunge -, poi, dopo circa tre anni, ho iniziato a sentire la voglia di ritornare in Europa, anche per essere più vicino alla mia famiglia”.
L’occasione giusta è arrivata con un prestigioso incarico al Max Planck Institute of Brain Research di Francoforte sul Meno: “Ho avuto l’onore di lavorare con scienziati di grandissimo livello, primo su tutti il direttore Wolf Singer – ammette -, sotto il profilo della carriera sono stati tre anni fondamentali, ma a livello personale non sono riuscito ad ambientarmi, anche perché i ritmi di lavoro erano spesso proibitivi”. A questo si è aggiunta la difficoltà di diventare docente in Germania: “È un ambiente estremamente competitivo – spiega -, e anche se si hanno alle spalle pubblicazioni prestigiose è difficile ottenere una cattedra a tempo indeterminato”.
Motivo per cui ha iniziato a volgere lo sguardo verso l’Inghilterra: “Ho fatto domanda nel 2013 per diventare lecturer e dopo il colloquio mi hanno offerto un posto da senior – ricorda -, è stato un grande salto di carriera”. Nel frattempo, però, Davide ha iniziato ad accarezzare il pensiero di tornare nel nostro Paese: “L’idea di portare la mia esperienza in Italia e di contribuire nel mio piccolo allo ‘svecchiamento’ accademico mi ha sempre intrigato – ammette -, ma ho subito messo in chiaro che sarei tornato solo alle mie condizioni”. La proposta giusta è arrivata da Bari: “Sia il rettore che i direttori di facoltà stanno lavorando sodo per avere un ateneo giovane e internazionale – spiega -, inoltre hanno mostrato fin da subito un grande interesse per il mio settore di ricerca”. A dargli la spinta finale, poi, ci ha pensato la Brexit: “A Londra si respira aria di incertezza e anche il sistema accademico ne sta risentendo parecchio”, ammette.
Dal punto di vista dei fondi, infatti, la situazione non appare più rosea: “Le rette delle università sono molto alte e questo sta portando a un calo nelle iscrizioni”, spiega. Inoltre questo meccanismo rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio: “Io e diversi colleghi italiani condividiamo l’opinione che in Inghilterra gli studenti siano clienti – ammette -, il messaggio di fondo che passa è: pago novemila sterline all’anno e quindi devo passare per forza gli esami”. Una visione che Davide fatica a condividere: “Ritengo che gli universitari vadano responsabilizzati il più possibile”, sottolinea.
Una ragione in più per tornare in Italia. Eppure, per un ragazzo nato e cresciuto al Nord, la scelta di Bari non appare così scontata: “In realtà sono proprio alla ricerca del calore e del contatto con il mare – ammette -, e poi nel Sud Italia ho notato un’apertura e un’accoglienza che a Pavia non ho mai trovato”. La sfida che lo aspetta è affascinante ed è un capitolo da aggiungere alla sua storia: “Tra dieci anni non so dove sarò, mi piacerebbe fare base in Italia ma avere anche la possibilità di insegnare e fare ricerca all’estero”.