L’ex vicegovernatore della Lombardia, Mario Mantovani, è di nuovo indagato. Stavolta l’accusa è peculato: il politico di Forza Italia avrebbe sottratto ingenti somme di denaro dalle casse di cooperative sociali da lui controllate attraverso una serie di prestanome. Secondo la Procura di Milano, Mantovani avrebbe fatto stipulare finti contratti di locazione tra le Onlus a lui riconducibili e la società ‘Spem Srl’, cassaforte immobiliare da lui posseduta per il tramite di due fiduciarie. Per questa ragione, nella giornata di oggi, il giudice per le indagini preliminari, Teresa De Pascale, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Giovanni Polizzi, ha ordinato il sequestro preventivo di 1,3 milioni di euro sui conti correnti di Mantovani.
L’origine del nuovo filone è legata all’inchiesta ‘Entourage’, che nell’ottobre 2015 portò l’allora assessore lombardo alla Sanità in carcere con le accuse di corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio (il processo è in corso a Milano). Nel giorno dell’arresto furono eseguite decine di perquisizioni nelle sedi di società e cooperative controllate dal politico, a Milano e ad Arconate, piccolo comune dell’hinterland, dove Mantovani fu sindaco per 13 anni. Da quelle perquisizioni spuntarono documenti contabili e contratti d’affitto, materiale passato sotto la lente d’ingrandimento dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza.
Gli accertamenti avrebbero messo in rilievo una serie di illeciti allo scopo di far uscire denaro delle casse delle cooperative (le quali, non avendo scopo di lucro, possono solo reinvestire gli eventuali utili, ma non ridistribuirli) e farlo entrare in quelle del politico e dei suoi familiari. Assieme al politico ‘berlusconiano’ risultano indagate altre 9 persone, tutte per concorso in peculato. Si tratta degli amministratori delle cooperative sociali e delle Onlus riferibili a Mantovani. Tra loro anche Michele Franceschina, direttore generale di Fondazione Mantovani e già imputato nel processo di Milano.
L’accusa di peculato – tipica del pubblico ufficiale – viene estesa anche “all’incaricato di un pubblico servizio che, avendo il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria” e per questo “è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi”. Nel caso specifico, infatti, gli amministratori delle cooperative sociali, tutte controllate da Mantovani, fruiscono di soldi pubblici in virtù del convenzionamento con la Regione per la gestione di case di riposo per anziani. Tali amministratori sono dunque equiparati a erogatori di servizio pubblico. Secondo la Procura, i vertici delle cooperative sarebbero stati complici del progetto criminoso di Mantovani, quello appunto di stipulare contratti d’affitto tanto fittizi quanto onerosi a favore di ‘Spem Srl’, società controllata dal politico.
Il periodo temporale, preso in esame dalla nuova inchiesta, sarebbe di circa un decennio, con particolare riferimento agli anni 2013, 2014 e 2015, quando Mantovani ricopriva la carica di assessore regionale alla Sanità ed era, contemporaneamente e di fatto, a capo di una fitta rete di società e cooperative sociali, i cui vertici venivano affidati ad amici e parenti dello stesso assessore della giunta di Roberto Maroni. Più volte fu sollevato il tema del conflitto d’interessi, sempre respinto al mittente dalla maggioranza di centrodestra, con l’unica eccezione dell’ex assessore Maria Cristina Cantù, che restò tuttavia inascoltata.
Salgono così a tre i fronti giudiziari che riguardano l’ex plenipotenziario di Silvio Berlusconi in Lombardia, il quale ancora aspira a un posto nelle liste di Forza Italia per le elezioni politiche del 2018. Oltre a ‘Entourage’ e quella odierna, c’è pure l’indagine della Procura di Monza, che accusa Mantovani di corruzione nell’ambito di un’inchiesta sui rapporti tra la politica e la ‘ndrangheta.