Francesco non è stato eletto legittimamente. È eretico. Vuole canonizzare perfino Martin Lutero. In cinque anni di pontificato i critici, fuori e soprattutto dentro la Chiesa cattolica, hanno attaccato Bergoglio accusandolo di eresia, come hanno fatto i quattro cardinali che hanno espresso i loro dubbi per le sue aperture in favore dei divorziati risposati o coloro che hanno realizzato 200 manifesti affissi per le strade di Roma che irridevano la poca misericordia del Papa latinoamericano verso i suoi oppositori. Sedevacantisti (Tau), scritto da Francesco Antonio Grana, vaticanista de ilfattoquotidiano.it, vuole rispondere punto per punto agli attacchi infondati e ingiustificati contro Bergoglio ripercorrendo i suoi grandi successi in campo ecclesiale e sul panorama geopolitico mondiale. Il libro, di cui pubblichiamo un estratto, sarà presentato in Vaticano, il 21 novembre prossimo, da Peter Gomez, Paola Saluzzi e Javier Martínez-Brocal.
“Io ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve: 4, 5 anni. È come una sensazione un po’ vaga… magari non è così… ma ho come la sensazione che il Signore mi ha messo qui per poco tempo. Però è una sensazione, per questo lascio sempre le possibilità aperte”. Se questa convinzione di Papa Francesco fosse vera saremmo già all’epilogo di un pontificato destinato a rimanere nella storia, anzi a segnare la storia. E non solo quella della Chiesa cattolica o del cristianesimo. Ma del mondo. Il 13 marzo 2017 Jorge Mario Bergoglio divenuto Francesco, come il poverello di Assisi, è entrato nel quinto anno di pontificato. Eppure la radicale opera riformatrice che egli ha messo in atto in modo sorprendentemente veloce ha già offerto abbondanti frutti accompagnati da un notevole numero di immancabili spine.
Anche Bergoglio ha avuto la sua Vatileaks con il tradimento di due persone nelle quali aveva riposto la sua fiducia affinché lo aiutassero nell’opera di riforma delle finanze vaticane: monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui. Ma Francesco ha saputo ammettere l’errore con umiltà, quella che difficilmente i Papi in tempi molto più burrascosi di quello di Bergoglio hanno avuto. E il riferimento ovviamente non è all’ultimo secolo. Francesco ha avuto e ha i suoi avversari, molto marginali in numero e qualità. Ha avuto i suoi manifesti contro, come un qualsiasi leader politico contestato dagli oppositori. E ha avuto diversi fake che sulla rete hanno preso in giro la sua determinazione, come il falso Osservatore Romano che ironizzava sul suo silenzio verso i quattro cardinali che gli intimavano, minacciandolo di bollarlo come eretico, non si sa in base a quali sacri canoni, di rispondere ai loro “dubia” sulle sue aperture ai divorziati risposati. In quel caso, almeno fino a oggi, il Papa ha preferito il silenzio ed è stato accusato di non prendere in seria considerazione quelle critiche.
Quasi cinque anni di pontificato e una indiscussa autorevolezza sullo scenario mondiale: dal campo ecumenico, a quello interreligioso fino agli ambienti laici. Francesco è universalmente riconosciuto e ammirato per la sua autorevolezza, la sua coerenza, la sua capacità di mettere in connessione popoli che per decenni si sono fatti la guerra. Basta citare due straordinari meriti di questo ancora giovane pontificato. L’inizio del disgelo tra Usa e Cuba celebrato da entrambe le potenze mondiali nel nome di Bergoglio. E lo storico abbraccio a L’Avana con il Patriarca di Mosca Kirill, un incontro atteso da mille anni. Ma le sfide non mancano, soprattutto con la presidenza di Donald Trump e l’ambizioso ma non impossibile obiettivo di un viaggio a Mosca e a Pechino.
Francesco guarda alle sue amatissime periferie per governare la Chiesa e nel cuore del cattolicesimo porta le istanze degli ultimi, degli scartati, dei profughi che sono al centro della sua azione pastorale. Bergoglio è un uomo coerente nella sua vita evangelicamente semplice e nel suo programma di governo. E questo mette in seria difficoltà i suoi critici che non possono puntare il dito contro un Papa che richiama spesso l’attenzione sui bisogni dei poveri, condannando la corruzione, le tangenti e le raccomandazioni, e vive in un bilocale di 70 metri quadrati. “Il salvataggio a ogni costo delle banche, – ha scritto Francesco nella sua enciclica sociale, Laudato si’ – facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura”.
Un Papa che non ha paura di scendere dal trono dei predecessori. E che rivolge continuamente un invito alla sua Chiesa a essere in uscita, ferita, aperta. Bergoglio non ha paura né dei cospiratori, né degli oppositori e nemmeno degli adulatori. Ha paura soltanto del giudizio finale, l’unico che conta per questo gesuita di 81 anni che guarda in modo escatologico all’orizzonte e ritma il suo personale e quotidiano esame di coscienza su una sola domanda: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Per Francesco non ci sono altri quesiti ai quali dover rispondere nella sua azione di governo. E questo interrogativo, come è stato il solo a dettare gli atti dei suoi primi quattro anni di pontificato, segnerà il futuro di Bergoglio. Con buona pace dei sedevacantisti.
Francesco Antonio Grana