Un’opera mastodontica per dire addio alle polveri sottili nel cielo di Taranto entro il 2020, tre anni prima della data indicata nel piano industriale presentato dai futuri proprietari dell’Ilva. Con una mossa voluta dal ministero dello Sviluppo Economico e dai commissari straordinari del gruppo siderurgico in procinto di passare ad Am Investco – la cordata composta da Arcelor Mittal, Gruppo Marcegaglia e Banca Intesa – è stata anticipata la copertura dei parchi minerari, ritenuti tra le prime fonti d’inquinamento dell’acciaieria. Quelle colline di minerale stoccate a cielo aperto su un’area di 70 ettari verranno coperte da due capannoni che avranno una lunghezza di 700 metri, saranno larghi circa 500 e alti 80.
Il progetto esisteva già: venne redatto quando Ilva era sotto la guida di Enrico Bondi. Ma era stato richiuso in cassetto, come avvenuto diverse volte negli ultimi 7 anni. La copertura era infatti prevista nell’Aia 2011 e l’anno successivo fu inserita come nuova prescrizione per il funzionamento dell’impianto, anche se l’allora ministro Corrado Clini e il gruppo Riva spingevano per altre soluzioni. I lavori dovevano essere ultimati entro il 2015, ma non sono mai stati cantierizzati. Adesso si parte e anche diversi tecnici interpellati da ilfattoquotidiano.it ritengono che sia la volta buona. “Il progetto è credibile – spiega il professor Carlo Mapelli, ordinario di siderurgia al Politecnico di Milano – E anche i tempi prospettati sono compatibili. Sì, siamo a un punto di svolta”. “Soddisfatto” anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che promette di “vigilare perché gli annunci si traducano in azioni concrete e vincolate”.
L’intervento verrà realizzato sulla base del progetto – già approvato e appaltato dall’amministrazione straordinaria al gruppo friulano Cimolai – che l’investitore Am InvestCo ha incluso nel piano ambientale approvato lo scorso 29 settembre. Nei prossimi mesi l’azienda procederà con tutte le attività propedeutiche: le prime – che riguardano le bonifiche del sottosuolo – dovrebbero essere ultimate nel gennaio 2018, poi si passerà alla rimozione dei cumuli di minerale. Terminate queste operazioni preliminari, spiega Ilva, sarà avviato il cantiere che “si concluderà in 36 mesi”. “Se siamo veloci, fine 2020”, ha sintetizzato il ministro Carlo Calenda.
L’investimento – anticipato da Ilva, che poi verrà rimborsata su Am Investco – dovrebbe essere di 365 milioni di euro, come si deduce dal piano industriale presentato dai vincitori in fase di bando di gara. I nuovi proprietari avevano previsto il completamento di questi lavori nell’agosto 2023. Poi è arrivata l’accelerata che risparmierà tre anni di “wind days” ai tarantini: quando il vento soffia da nord-nordovest, infatti, investe i parchi minerari sollevando le polveri che si disperdono nelle strade e nelle case del quartiere Tamburi, distante appena 250 metri.
L’ultima volta è accaduto ad ottobre: la nube di minerale oscurò il cielo e spinse il sindaco di Taranto a ordinare la chiusura delle scuole. Adesso è proprio Melucci a dirsi soddisfatto ma allo stesso tempo annuncia: “Non accetteremo un solo giorno di ritardo sul nuovo cronoprogramma. Tra l’altro, l’impegno dei commissari ad anticipare gli interventi era già cristallizzato nella domanda di Aia dagli stessi sottoscritta – spiega – Questo impegno non deve riguardare solo la copertura dei parchi, ma anche le altre misure di adeguamento alle norme, come la significativa riduzione delle emissioni“.