Si concluderà proprio questa sera la tournè italiana di Nick Cave. L’artista australiano con i suoi Bad Seeds suonerà a Roma, dopo essere passato da Padova e Milano (eventi organizzati per Live Nation). Se non avete il biglietto per questa sera, non affrettatevi, l’evento è sold out e, a giudicare dai commenti entusiastici scaturiti dalle due esibizioni precedenti, c’è da giurare che “Re Inkiostro” abbia anche stavolta fatto centro.
Premessa: Nick Cave dal vivo difficilmente “fa cilecca”. Resta a tutti gli effetti tra gli artisti che sul palco si regalano senza compromessi, grazie ad un’indiscutibile verve nonché una ricchissima discografia alla quale attingere; coerenza e qualità a tali latitudini difficilmente difettano.
Sono differenti i commenti a seguito delle esibizioni. C’è chi ha parlato senza mezzi termini del concerto della vita e chi invece, sgranando il rosario dei live visti, ha cominciato a sostenere che “nella tal data e in quel posto là” fosse stato più bravo. In ogni caso, l’eccesso di zelo di addetti ai lavori (blogger e giornalisti) e fan, dopo gli spettacoli, genera sempre qualche riflessione.
Sgombriamo il campo dagli equivoci, il tour di Skeleton Tree è speciale per molte ragioni, l’album, ancor di più se applicato a One More Time With Feeling (il film performance di Andrew Dominik) è bello. Parliamo di un’opera che andrebbe valutata nella sua interezza ma che prima di ritenere un capolavoro induce quantomeno a qualche domanda. Forse lo è per i musicisti che comprendono passaggi tecnico/virtuosistici negati alle persone comuni? Oppure lo è per chi conosce i densi significati dei suoi testi? Le melodie di Skeleton Tree sono appoggiate su tessuti elettronici, spesso atonali, in alcuni passaggi l’effetto finale è più simile a un reading poetico, cosa peraltro a lui particolarmente consona; ancora oggi resta impossibile da scalfire il ricordo dell’apparizione a Mantova all’interno del Festival Letteratura nel 1999.
Skeleton Tree esclude in parte il fascino evocativo al quale Cave ci ha abituato; per essere apprezzato richiede una soglia di attenzione piuttosto alta. In altre parole, il disco è bello ma è altrettanto pesante e siccome è di Nick Cave nessuno osa affermarlo, pena “la decapitazione su pubblica piazza”.
Il sospetto che “Il Nostro” abbia raggiunto quello status particolare in cui potrebbe cantare anche l’elenco telefonico ed essere glorificato… è forte.
Opinioni personali a parte, se parliamo dell’attività dal vivo – per chi scrive – l’apice, Cave, l’ha raggiunto nel 1993 nel tour Live Seeds. Seppur la memoria susciti innumerevoli ricordi connessi a suoi concerti, quell’anno, quel live, resta impresso in maniera particolare.
Sovviene che a quei tempi esisteva una frangia di persone contro a prescindere e che dunque sostenessero fosse già bollito. Molti di questi sono le stesse fastidiose figure che si fregiano di aver visto tutti i tour possibili prima di tutti, nel periodo giusto e così via. Trattasi mediamente d’insopportabili cinquantenni con la sindrome del primo della classe che oggi come allora reclamano attenzione; ora come allora, continuano a non ottenerla, anche se pensano il contrario. Sono quelli che dicono di averlo visto ai massimi livelli presso il Ritz di Novellara nel 1987, dove invece fece pietà, “tanto era ubriaco e fatto” (cadde sul palco almeno un paio di volte). Ma il solo poter affermare che loro “c’erano” è più forte di tutto, anche della verità, la quale stabilisce che Nick Cave per la prima volta, nel nostro Paese, venne nel 1984.
E adesso “a questi” chi glielo dice che non sono arrivati primi?
Un altro picco artistico connesso alle esibizioni dal vivo lo raggiunse nel 1997 e stavolta con un disco a traino di una bellezza epocale e che con ogni probabilità gli vale la carriera; The Boatman’s Call tratta un ciclo di canzoni ispirate dai tormenti religiosi che da sempre paralizzano le sue certezze. Il fascino indiscreto di certa letteratura gotica e biblica permea “fotograficamente” l’opera. I testi sono immagini nitide il cui taglio esclude a priori la teatralità del passato; non esattamente una cosa da poco a ben pensarci… soprattutto se connessa alle rutilanti chiavi di lettura musicali; blues e jazz, infatti, approfondiscono scenari fino a quel momento solamente abbozzati. Il tour a corredo del disco, neanche a dirlo, non lascia scampo. In Italia toccherà Milano e Bologna.
Ora, senza entrare nel vivo di tutti i concerti e tour visti (anche perché mi avvicinerebbe pericolosamente alle fattezze del cinquantenne di cui sopra) un concerto di Nick Cave potrebbe cambiare la percezione delle proprie consapevolezze musicali? Sempre e comunque! Nessuno come lui è in grado di azzerare la distanza esistente tra pubblico e palco, altresì ricordare ai presenti che quello cui stanno assistendo non è un concerto ma un rituale liberatorio in piena regola.
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