Un emendamento del governo modifica il codice Antimafia a poche settimane dalla sua approvazione definitiva. Esattamente come aveva chiesto il Quirinale. Lo spiega la relazione alla proposta di modifica al decreto fiscale. L’obiettivo è quello di adeguare le misure previste per la confisca allargata alle norme europee in modo da reprimere le condotte corruttive anche da parte dei vertici delle società. La stessa relazione ricorda come su questo fronte sia intervenuto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al momento della promulgazione della legge, infatti, il capo dello Stato aveva scritto al premier Paolo Gentiloni per chiedere d’intervernire.
Il motivo? Nel nuovo Codice Antimafia ci sono “profili critici” e quindi “il Governo” deve procedere “a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina”. A cosa si riferiva Mattarella? Forse alla principale innovazione, che aveva già diviso la maggioranza in Parlamento e l’opinione pubblica, cioè l’estensione della disciplina della confisca dei beni anche per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione? Nossignore. O meglio, chiedendo al governo di monitorare gli effetti della disciplina, il capo dello Stato ricorda che ciò era stato previsto “dall’ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 27 settembre 2017”, cioè quello depositato dal dem Walter Verini poco prima della votazione della riforma e che chiedeva all’esecutivo di valutare eventuali modifiche sull’equiparazione tra corrotti e mafiosi per quanto riguarda le misure di prevenzione
“L’articolo 31 – segnala il Quirinale – della legge ha profondamente modificato l’articolo 12-sexies del decreto legge n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992, che disciplina la cosiddetta confisca allargata. In particolare, nel testo approvato non sono state riprodotte alcune ipotesi di reato (che, in caso di condanna, legittimano, ove ricorrano determinati presupposti, la confisca), inserite nell’articolo 12-sexies dall’art. 5 del decreto legislativo n. 202 del 29 ottobre 2016, che ha dato attuazione alla direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato dell’Unione europea”.
“In particolare sono state eliminate tutte le ipotesi di reato introdotte dal citato decreto legislativo ad eccezione dell’autoriciclaggio (art. 648-ter.1 del codice penale) – prosegue Mattarella -. Di conseguenza, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione delle fattispecie di falso nummario (articolo 416 in relazione agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 del codice penale), di corruzione tra privati (articolo 2635 del codice civile), di indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento (articolo 55 del 2 decreto legislativo n. 231 del 2007), dei delitti commessi con finalità di terrorismo internazionale e dei reati informatici indicati negli articoli 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale quando le condotte di reato riguardano tre o più sistemi informatici, non sarà più possibile disporre la misura della cosiddetta confisca allargata all’esito di una condanna”. Che vuol dire? Che mentre da un parte si potranno sequestrare o confiscare definitivamente i beni a chi è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, concussione, terrorismo, e non è in grado di giustificare la provenienza lecita delle proprie ricchezze, dall’altra sarà impossibile mettere i sigilli su chi è stato definitivamente condannato per alcuni tipi di reato come appunto utilizzo fraudolento di carte di credito, i delitti informatici e la corruzione tra privati. È per questo motivo che Mattarella aveva sottolineato nella sua missiva: “Va dunque considerato il grave effetto prodotto dall’impossibilità di disporre il congelamento e la confisca dei beni e dei proventi a seguito di condanna per questi reati”.