Una differenza di 3,5 miliardi. Secondo il governo italiano, la manovra ora all’esame del Senato ridurrà il deficit dal 2,1% del pil registrato quest’anno all’1,8%. Ma le previsioni d’autunno della Commissione Ue, diffuse giovedì, non concordano e danno il deficit strutturale al 2% anche nel 2018. Il divario è dello 0,2%, maggiore (forse per questione di arrotondamenti) rispetto allo 0,1% contestato nella lettera inviata da Bruxelles il 27 ottobre al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in vista del giudizio sulla legge di Bilancio. Risultato: secondo l’esecutivo Ue, Roma deve trovare 3,5 miliardi di risorse aggiuntive. Intanto dai nuovi dati emerge anche che la Penisola resterà ultima in Europa per crescita del pil anche nel triennio 2017-2019.
Padoan la scorsa settimana aveva risposto ai primi rilievi europei sulla manovra sostenendo che la differenza dipende dai diversi metodi di calcolo del prodotto potenziale e di conseguenza dell’output gap, la differenza tra il pil effettivo di un Paese in un dato anno e la performance che potrebbe ottenere sfruttando al massimo tutti i fattori produttivi. Di conseguenza il titolare del Tesoro non ha intenzione di cambiare i saldi della manovra. Il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, in conferenza stampa ha evitato lo scontro concordando sul fatto che “la deviazione dipende dall’utilizzo di un benchmark differente”. “Noi riteniamo che fermezza nell’applicazione delle norme comunitarie e una certa flessibilità siano una buona miscela e, sempre su basi obiettive, abbiamo concesso la flessibilità all’Italia”, ha concluso.
I numeri, però, sono più crudi. La Commissione scrive tra il resto che il debito italiano “scende solo marginalmente”. La stima è di un debito in lieve salita nel 2017 a 132,1%, “anche a causa del sostegno pubblico alle banche”, in “marginale discesa” a 130,8% nel 2018 e a 130% nel 2019, “soprattutto a causa della crescita più forte”. Il lieve aumento di quest’anno è legato alle risorse impegnate per sostenere “il settore bancario e i piccoli risparmiatori“.
Le previsioni della Commissione sulla crescita italiana sono al contrario state riviste al rialzo, ma non tanto da schiodare la Penisola dalla coda della classifica. Il pil è dato in crescita dell’1,5% quest’anno e dell’1,3% nel 2018, in notevole progresso rispetto al +0,9% e al +1,1% stimati lo scorso maggio ma ben sotto il +2,4 e +2,2% previsto come media dei 27 Paesi europei esclusa la Gran Bretagna. Il governo, nella nota di Aggiornamento al Def, prevede un +1,5% per entrambi gli anni. Solo il Regno Unito, che però viene per la prima volta escluso dalla tabella dell’Ue a 28, ha un andamento del pil quasi uguale a quello italiano. E’ Malta invece il Paese europeo che cresce di più: +5,6% nel 2017, +4,9% nel 2018 e +4,1% nel 2019.
Bruxelles ha poi rivisto leggermente al ribasso le stime della disoccupazione: nel 2017 si assesta a 11,3% (invece dell’11,5% previsto a maggio), per poi scendere a 10,9% nel 2018 e a 10,5% nel 2019. L’occupazione invece “rallenta a 1% nel 2017” dopo “il phasing-out degli sgravi per le assunzioni”, a 0,9% nel 2018 e 0,5% nel 2019. I nuovi incentivi del bilancio 2018 per le assunzioni dei giovani “sosterranno” l’occupazione. Ma lo sviluppo del mercato del lavoro “sarà in linea con l’attività economica”.