L'authority avverte il Campidoglio che non ci sono "condizioni di emergenza o di pericolo imminente di interruzione di servizio" tali da giustificare il prolungamento dell'incarico, che scade nel 2019. Ma senza la certezza che la società continuerà a gestire il servizio salta uno dei presupposti della procedura approvata dal tribunale
Il piano di concordato dell’Atac è in bilico. A far traballare il tentativo di salvataggio della concessionaria del trasporto pubblico della Capitale è un parere dell’Antitrust datato 31 ottobre: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato avverte il Comune guidato da Virginia Raggi che una proroga anticipata dell’affidamento del servizio alla sua partecipata sarebbe difficile da giustificare. Ma la proposta di concordato preventivo in continuità che ha ricevuto il via libera del Tribunale a fine settembre ha come presupposto proprio l’allungamento del contratto di servizio in house, dribblando la gara in programma per il dicembre 2019. In modo da rassicurare i creditori e consentire alla società di restituire il dovuto senza fretta.
L’authority mette però i bastoni tra le ruote ricordando che “al momento, e nonostante la situazione di grave crisi economica e finanziaria in cui versa Atac, non sussistano le condizioni di emergenza o di pericolo imminente di interruzione di servizio che giustifichino questo tipo di intervento”. In particolare, “il lungo periodo che ancora ci separa dalla scadenza dell’attuale affidamento (pari a due anni) rappresenta un lasso di tempo sufficiente per il Comune di Roma Capitale per organizzare il servizio senza il ricorso a misure urgenti”. Quanto alla possibilità di affidare nuovamente in-house il servizio ad Atac al termine dell’attuale contratto di servizio, l’authority richiama Roma Capitale sul fatto che è “prerequisito ineliminabile, anche nell’ambito di una procedura di concordato preventivo in continuità, l’ancoraggio ai criteri formali di matrice europea ed agli obblighi motivazionali previsti sia dalla disciplina settoriale sul trasporto pubblico locale sia dalle norme generali sui servizi pubblici locali”.
Di conseguenza il Comune di Roma “qualora intenda riaffidare in house il servizio di trasporto pubblico locale ad Atac, dovrebbe non solo effettuare una valutazione rigorosa della preferibilità di tale scelta rispetto al ricorso al mercato tramite una gara, ma svolgere anche un effettivo confronto tra lo scenario di affidamento in house ed una serie di benchmark di mercato appropriati volto a valutare la correttezza della scelta dal punto di vista dell’efficienza, dell’economicità e della qualità del servizio reso ai cittadini”.
Non solo: “Proprio in considerazione della situazione di dissesto economico in cui versa Atac, particolare cautela dovrebbe essere utilizzata nel misurare il valore delle compensazioni da riconoscere alla società affidataria. Tali contributi dovrebbero essere calcolati sulla base dei costi di un’azienda media gestita in modo efficiente, per evitare di corrispondere delle sovra-compensazioni degli oneri di servizio pubblico in violazione della normativa sugli aiuti di stato“. In conclusione, “l’Autorità si riserva di valutare ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 287/90 ogni eventuale formalizzazione della scelta da parte di codesto Comune di mantenere il servizio di trasporto pubblico locale in capo ad Atac”. Un avvertimento che mette il Campidoglio di fronte a un bivio: procedere comunque alla proroga, rischiando successive contestazioni, o decidersi a fare la gara rischiando di far fallire l’azienda dei trasporti.