Ribaltata la decisione del Tar della Lombardia. Per i giudici Arexpo “non può ritenersi ‘dipendente’ dalla Regione Lombardia, dal momento che quest’ultima non possiede una partecipazione maggioritaria e non svolge un servizio pubblico". Di conseguenza "l’accesso richiesto non può trovare giustificazione in relazione alla pretesa cura dell’interesse pubblico"
Il fatto che Arexpo, la società proprietaria delle aree Expo, sia a maggioranza pubblica e sia finanziata con soldi pubblici non è una ragione sufficiente perché un consigliere regionale possa prendere visione di documenti come l’ordine del giorno di una seduta del cda. E’ quanto segue, in sostanza, da una sentenza del Consiglio di Stato che ribalta una precedente decisione del Tar della Lombardia. E accoglie il ricorso di Arexpo che si era opposta alla richiesta di accesso agli atti della consigliera regionale del M5S Silvana Carcano.
“Non è in discussione il fondamento della richiesta che risiede nell’asserito pieno espletamento della funzione di consigliere regionale e quindi nel controllo che questi può esercitare sull’attività regionale e sugli enti che a quest’ultima si ricollegano”, scrive l’estensore della sentenza Raffaele Prosperi, dopo la decisione della camera di consiglio presieduta da Carlo Saltelli. Tuttavia i giudici per motivare la loro decisione fanno riferimento a una precedente sentenza dello stesso Consiglio di Stato che, trattando nel 2014 il caso di una società partecipata al 20% dal comune di Bellaria Igea Marina (e quindi con una quota pubblica di minoranza), aveva stabilito che “il diritto di accesso non può estendersi anche alle società partecipate (dal comune) in forma minoritaria, tanto più quando tali società non svolgano attività di gestione di servizi pubblici”. Un caso che il Consiglio di Stato ritiene analogo a quello di Arexpo, che “non può ritenersi ‘dipendente’ dalla Regione Lombardia, dal momento che quest’ultima non possiede una partecipazione maggioritaria e non svolge un servizio pubblico, così che in definitiva l’accesso richiesto non può trovare giustificazione in relazione alla pretesa cura dell’interesse pubblico connesso al mandato conferito e cioè ai fini del controllo del comportamento complessivo dell’ente (in funzione dell’interesse pubblico da perseguire)”.
La sentenza pone per il momento fine a una vicenda iniziata più di un anno fa, quando Carcano aveva cercato di prendere visione del verbale della seduta del 17 marzo 2016 del consiglio di amministrazione, presentando una serie di istanze di accesso agli atti. In risposta la consigliera del M5S aveva ricevuto solo un verbale con gran parte dei punti dell’ordine del giorno sbianchettati e talmente pieno di omissis da risultare incomprensibile. Carcano si era così rivolta al Difensore regionale, un’autorità indipendente prevista dalle norme lombarde per tutelare gli interessi dei cittadini, che le aveva dato ragione. Ma l’amministratore delegato Giuseppe Bonomi non aveva voluto consegnare il documento, nella convinzione che se alcune notizie riservate fossero diventate pubbliche avrebbero rischiato di danneggiare una società che come Arexpo opera sul mercato.
A quel punto Carcano si era affidata al Tar. E il Tribunale amministrativo aveva ritenuto che “i consiglieri regionali hanno diritto di accedere ad atti e documenti delle società partecipate dalla Regione”. Ora però il Consiglio di Stato ribalta tutto, facendo leva sul fatto che Regione Lombardia ha solo una partecipazione di minoranza di Arexpo. Argomentazioni ritenute “sorprendenti” da Carcano: “Il Consiglio di Stato non ha notato che la società è pubblica essendo partecipata al 39,28% dal Ministero delle economie e finanze, al 21,05% da Regione Lombardia, al 21,05 dal Comune di Milano, all’1,21 % da Città metropolitana di Milano e allo 0,61% dal Comune di Rho (con un solo 16,08% di Fondazione Fiera di Milano, il cui presidente è di nomina politica)? Il Consiglio di Stato potrebbe spiegarci con quali soldi Arexpo realizzerà un’attività su quell’area?”.
Secondo la consigliera regionale, inoltre, la sentenza richiamata dai giudici riguardava “una situazione opposta al nostro caso, in quanto la società era partecipata al 20% dal comune e per la restante parte da soggetti privati”. Con questa decisione “vengono stracciate tutte le raccomandazioni dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), il principio sottostante il Foia (Freedom of information act), tutte le belle e ipocrite dichiarazioni di ridurre le partecipate e il loro altissimo livello di corruzione”. Da qui la decisione di predisporre nei prossimi giorni una nuova richiesta di accesso agli atti che verrà firmata, oltre che da Carcano, da un parlamentare e da un consigliere comunale di Milano del M5S, in modo da coinvolgere gli enti pubblici che insieme hanno la maggioranza assoluta di Arexpo. Dal canto suo la società, che proprio in questi giorni ha comunicato l’aggiudicazione della gara per lo sviluppo delle aree Expo da parte del consorzio guidato dall’australiana Lendlease, esprime soddisfazione: “Le tesi che abbiamo sempre sostenuto nel corso della vicenda alla fine hanno trovato accoglienza nella sentenza del Consiglio di Stato”.
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