THE PLACE di Paolo Genovese, con Valerio Mastrandrea, Sabrina Ferilli, Marco Giallini. Italia 2017. Durata: 105’. Voto 1,5/5 (AMP)
Si ispira alla serie tv americana del 2010 Booth At The End l’undicesimo lungometraggio firmato da Paolo Genovese. Ma forse questo è poco importante come, ancor meno, a detta del regista stesso, chi sia “quell’uomo e chi stabilisca le regole del gioco”. Già, perché al centro (meta)fisico del discorso è Un uomo (Valerio Mastandrea) che siede solingo giorno e notte in un locale – The Place – ricevendo individui come in un confessionale. L’uomo e i suoi “clienti” si accordano su un patto alla cui base sta la domanda chiave: “cosa saresti disposto a fare per realizzare i tuoi desideri”? Loro esprimono, lui consulta un’agenda gigante e sentenzia “si può fare” a cui segue un compito da svolgere ovvero il prezzo che la coscienza deve pagare. Basta la prima scena a rimandare la memoria alla tragedia di Faust, ab origine dell’idea a prescindere da intermediazioni seriali. Genovese, forte di premi e acclamazioni per Perfetti sconosciuti, esalta e soprattutto si esalta a narratore onnisciente dell’umanità messa in scena, ritratta in religiosa sequenza e in rigorosa unità di luogo. Il cinema scompare dando spazio a sentenze ad effetto, dialoghi improbabili, confessioni che talvolta rasentano il ridicolo, eppure espresse e ricevute in sacrale seriosità. Il cast corale e corposo di star accetta obbediente le istruzioni de L’uomo, alter ego divino o diabolico più facilmente identificabile da Genovese come “il nostro specchio, il nostro lato oscuro”. Ecco dunque i suoi mostri, che anche noi spettatori diventeremo se non accetteremo le regole di un film fra i più attesi della stagione Made in Italy, e (anche per questo) fra i più deludenti.