I soldi per agevolare il riciclo delle plastiche difficili da rigenerare e, prima ancora, per prevenire la loro produzione, potrebbero arrivare dall’abolizione dei sussidi alla chimica per l’agricoltura. Via l’Iva agevolata di cui oggi beneficiano i fitofarmaci e gli additivi per i mangimi animali e risorse trasferite a favore delle aziende che acquistano rifiuti plastici meno nobili per trasformarli in nuovi prodotti e di quelle che investono per arrivare a materiali più facili da gestire. L’idea è alla base di una serie di emendamenti alla legge di Bilancio presentati al Senato dal Partito democratico e dal M5s e che quindi, visto l’accordo tra le due forze politiche, potrebbero almeno alcuni ricevere il via libera delle Camere.
Soffocati dalla plastica – Tutto parte da un problema non di poco conto: le quantità crescenti del così detto plasmix, la parte meno nobile della raccolta differenziata della plastica, che oggi viene spesso incenerita o sepolta in discarica perché difficile o addirittura impossibile da riciclare. Tolte le bottiglie dell’acqua minerale (Pet) e i flaconi di shampoo e bagnoschiuma (polietilene), che rappresentano i materiali più preziosi, circa il 50% che rimane è infatti costituito da contenitori in polimeri diversi. Avviarli a seconda vita non è scontato: in provincia di Pisa, nei capannoni della Revet una parte viene rigenerata per produrre per esempio arredi urbani o, mischiata alla sansa di oliva, piani per banchi di scuola. Ma escluse alcune esperienze virtuose, il grosso di questi scarti continua a rappresentare un problema. Sono infatti le montagne di rifiuti che, come denunciato anche da Anci al ministero dell’Ambiente questa estate e poi di nuovo dalle aziende lombarde e dall’associazione Assorecuperi poche settimane fa, stanno ingolfando i piazzali delle imprese del settore. In attesa di essere smaltiti non si sa dove, visto che per loro non è facile trovare posto nemmeno nei forni o nelle discariche. Mentre tra aumento dei prodotti monodose e la richiesta di confezioni che allunghino la vita degli alimenti, questi tipi di packaging aumentano di anno in anno.
Sconti per aziende virtuose e Comuni – A maggio scorso, il deputato dei 5 stelle Stefano Vignaroli ha presentato una proposta di legge per sovvenzionare il riciclo di queste plastiche meno nobili. La fine della legislatura però si avvicina e le prospettive di un via libera prima delle elezioni si riducono, nonostante ci sia sul tema l’accordo con il Pd (e la deputata dem Stella Bianchi stia a sua volta lavorando a un testo simile). Così, i due partiti si muovono per inserire i diversi provvedimenti del testo nella legge di Bilancio. Gli emendamenti che i 5 stelle presenteranno al Senato riguardano prima di tutto il credito d’imposta (nella proposta di legge è del 50%) per le imprese che acquistano plasmix da riciclare e un fondo (l’ipotesi è di almeno 200 milioni) per gli enti pubblici che acquistano arredi urbani per aree verdi e parchi prodotti con questi materiali. Misure a cui si aggiunge un altro provvedimento oggetto di un emendamento al decreto fiscale, in discussione in Parlamento dal 15 novembre: qui si introduce l’estensione delle agevolazioni sul costo dell’elettricità, già in vigore per le imprese energivore di altri settori, anche alle aziende del riciclo di plastica.
Un altro emendamento Pd a firma di Stefano Vaccari punta invece a cercare di attaccare il problema alla radice, attraverso l’istituzione di un fondo per evitare la produzione delle plastiche più critiche: “Il Fondo, con una dotazione massima di 190 milioni di euro, è operativo da subito per attività di prevenzione e riduzione dei rifiuti mediante ecodesign, recupero plastiche miste e diminuzione materiali non riciclabili”, spiega il senatore dem a ilfatto.it. Per il credito d’imposta alle imprese del riciclo, il fondo per gli enti locali e quello per la prevenzione, l’idea di 5 stelle e dem è prendere le risorse dai così detti sussidi ambientalmente dannosi che, solo nell’ambito del sostegno ai combustibili fossili, in Italia superano i 10 miliardi. E in questo gruppo rientrano anche gli aiuti ai prodotti chimici per l’agricoltura, come fitofarmaci e gli additivi per mangimi che oggi hanno l’IVA agevolata al 10%. “L’obiettivo è spostare le risorse dai sussidi ambientalmente dannosi all’incentivazione della vera economia circolare. Oggi si continua ad agevolare, con una remunerazione maggiore a quella di mercato, l’energia prodotta dall’incenerimento dei rifiuti, considerandola rinnovabile. Il GSE, solo lo scorso anno, ha erogato agli inceneritori circa 300 milioni di euro, mentre le imprese virtuose che cercano di utilizzare quel rifiuto di scarto come materia prima non godono di alcun incentivo. Eppure la gerarchia europea antepone il riciclaggio al recupero energetico”, spiega Vignaroli a ilfattoquotidiano.it.
Ma gli incentivi non risolvono tutti i problemi – Provvedimenti su cui però, nello stesso mondo dell’industria delle plastiche non c’è assolutamente accordo. Se infatti da una parte gli incentivi potrebbero stimolare la rigenerazione di scarti oggi smaltiti rendendoli più appetibili sul mercato, dall’altra la previsione è che questi imballaggi difficili da riciclare continuino a lievitare. Il problema dunque non verrebbe risolto alla radice cercando di bloccare il proliferare di certi rifiuti, ma solo spostato. Il presidente dell’associazione italiana dei riciclatori di plastiche (Assorimap) Walter Regis spiega che “fino ad oggi le crescenti raccolte di plastiche miste hanno posto grandi interrogativi sul sistema nazionale di raccolta, riciclo e recupero e sull’effettiva valorizzazione di questi rifiuti, a fronte dei notevoli costi sostenuti e purtroppo solo con parziali riscontri. Ora queste misure permetterebbero di dare concretezza all’economia circolare”. Ma molti non la pensano allo stesso modo, soprattutto considerando che la Commissione europea ha una strategia ad hoc con cui punta a promuovere il riciclo di plastiche di qualità in grado di sostituire quelle vergini e che sarebbe fondamentale cercare di prevenire il problema plasmix. “Da questo punto di vista, pensare a delle sovvenzioni in pianta stabile a supporto del riciclo della plastica non ha senso. In questa ottica, sarebbe più efficiente usare piuttosto queste risorse per incoraggiare le imprese a creare imballaggi e prodotti più semplici da riciclare. Questo percorso virtuoso aumenterebbe la quota di materiale riciclato e, allo stesso tempo, diminuirebbe il costo unitario per chilogrammo in uscita dagli impianti di riciclo e la loro qualità”, dice a Ilfatto.it Paolo Glerean, manager dell’azienda del riciclo Aliplast e membro del direttivo dell’associazione europea dei riciclatori di plastiche.