In principio fu la “rottamazione” delle cartelle esattoriali fino al 2016. Poi, a furia di ritocchi, si è arrivati a qualcosa che assomiglia molto a quel rotolo di carta igienica che “corre, corre, e non finisce mai”: siamo infatti al condono del condono del condono e il rischio è che non sia ancora finita. L’idea originaria della “rottamazione” aveva avuto l’indubbio merito di prevedere la cancellazione degli odiati interessi di mora e delle sanzioni che in qualche caso arrivano addirittura raddoppiare il debito dei cittadini verso l’erario o gli enti pubblici, e stabilivano poche e semplici regole: la perdita di ogni beneficio derivante dal ricalcolo degli importi in caso di mancato pagamento o di pagamento oltre i termini anche di una sola delle cinque rate previste (tre nel 2017 e due nel 2018). Chi aveva i soldi per pagare ha aderito perché il provvedimento era oggettivamente molto conveniente, e chi i soldi non li aveva in qualche caso li ha chiesti a prestito per sfruttare l’opportunità di regolarizzare la propria posizione “a sconto”.
Scaduti i termini per l’adesione alla rottamazione, il governo ha iniziato a pensare a un’estensione della sanatoria a tutto il 2017. Un modo per cercare di raggranellare qualche quattrino in più allargando la platea delle possibili regolarizzazioni. Fin qui nulla di strano: è stato fatto anche per la cosiddetta “voluntary disclosure”, ossia la sanatoria per coloro che detengono capitali all’estero non dichiarati. Però al governo una semplice estensione non bastava: a ottobre era già chiaro che tra coloro che in prima battuta avevano aderito alla rottamazione, qualcuno si era già perso per strada non essendo riuscito a pagare nei termini le rate previste. E’ quanto successo, ad esempio, all’Ater, l’istituto delle case popolari controllato dalla regione Lazio che ha un enorme debito nei confronti del Comune di Roma per tasse sugli immobili non pagate. Per l’ente perdere i benefici della rottamazione avrebbe rappresentato un grosso guaio (anche politico, visto che il Comune è amministrato dai 5 Stelle e la Regione dal Pd).
Così il governo ha deciso di intervenire in corsa con un decreto che – modificando ex post le regole – consente anche a chi ha saltato i pagamenti delle prime due rate di continuare a godere dei benefici della rottamazione a patto di saldare il pregresso entro il 7 dicembre. Un intervento fuori tempo massimo, di fatto un condono del condono, che abbiamo già avuto modo di stigmatizzare. Ma non è finita qui: ora siamo al condono del condono del condono. Arriva con le novità introdotte con il decreto fiscale collegato alla manovra finanziaria. Oltre a estendere fino al 2017 la possibilità di rottamare le cartelle per tutti i ruoli dal 2000 (ben 17 anni!) e a quella di regolarizzare la propria posizione pagando le rate già scadute entro il 7 dicembre, si aggiunge un ulteriore stiracchiamento della sanatoria e delle sue regole, fissando nuovi termini che consentono a tutti coloro che ancora non l’avevano fatto di aderire alla tranche 2000-2016. L’Ufficio parlamentare del bilancio ha espresso parere contrario, sostenendo che si tratta di un vero e proprio condono, ma il governo ha deciso di tirare dritto per la sua strada e ha fissato al 15 maggio 2018 il termine ultimo per presentare le nuove domande. A furia di sanatorie, cambiamenti in corsa, estensioni, ampliamenti di platee si disincentiva chi paga che, al solito, fa la figura del fesso e si dà l’impressione che le regole in questo Paese assomiglino sempre più a quel rotolo che “corre, corre e non finisce mai”.