Sporca, brutta, soprattutto cattiva: Svezia-Italia è una partita orribile, un incubo da cui ci si risveglia con un piede e mezzo fuori dal mondiale di Russia 2018. Dopo novanta minuti di tanti calci e poco calcio, una mezza autorete di De Rossi condanna la nazionale a uno 0-1 fuori casa pesantissimo da rimontare. Jakob Johansson, il mediano svedese che scocca l’innocuo tiro da fuori area reso fatale da una deviazione, sembra avere il profilo del carneade perfetto per entrare nella storia del pallone azzurro: come Pak Doo-Ik, il dentista coreano che ci eliminò dai Mondiali del ’66.
La disfatta di Stoccolma però non è solo frutto del caso, ha ragioni precise. Pronti via e Toivonen, un vichingo di uno e novanta, entra a gomiti larghi su Bonucci stendendo il centrale azzurro. Tanto per far capire il clima. Alla Friends Arena si giocherà così per tutta la serata: lanci lunghi e tutti sotto la palla, botte da orbi. Bravi loro a metterla sul piano che volevano, troppo indulgente l’arbitro a lasciarglielo fare, ingenui noi a permetterglielo. L’Italia sembrava in grado di prendere il sopravvento gestendo la palla coi piedi e non con la testa, a ritmi più lenti e non forsennati. Quando si giocava a calcio, insomma. Ma nei novanta minuti di pallone vero se n’è visto poco: piuttosto un match di rugby, a tratti un incontro di lotta, specie per il centravanti Berg che ha puntato dal primo all’ultimo minuto volto e corpo dei difensori azzurri.
Brutto da vedere, forse anche scorretto, ma terribilmente efficace. Da una rimessa laterale, battuta ovviamente come fosse una touche rugbystica, è nato il gol dei padroni di casa a circa metà della ripresa. Fortuito nella dinamica ma tutt’altro che casuale per l’insistenza con cui gli svedesi hanno cercato un certo tipo di azione, dimostrando il perché della statistica che li vede imbattuti in casa da oltre due anni: lancio lungo, un paio di rimpalli, un tiro deviato, Buffon battuto. Proprio nel momento in cui gli azzurri sembravano essere in grado di venire faticosamente a capo della partita, approcciata malissimo nel primo tempo, iniziata meglio nella ripresa. Ma i meriti finiscono qui e sono davvero troppo pochi.
L’Italia di Ventura ha sbagliato praticamente tutto. A partire dalla formazione, quel 3-5-2 annunciato e prevedibilmente inadatto, agli avversari e agli uomini a disposizione. Il doppio centravanti, uno degli aspetti tattici più criticati, è stato disastroso: fin quando Immobile e Belotti giocano così, occupando gli stessi spazi, sbagliando tutti i movimenti possibili, senza nemmeno far respirare la squadra, sono semplicemente inutili. Poi i cambi (Eder e Insigne, non pervenuti), i movimenti del centrocampo, anche solo la personalità e l’esperienza che avrebbero dovuto fare la differenza non si sono visti quasi mai. La Svezia ci ha sovrastato tatticamente e, cosa ancor più grave, psicologicamente. E ha vinto in fondo meritatamente.
Inutile attaccarsi all’arbitraggio, al rimpianto dell’occasione di Belotti nei primi minuti e al palo clamoroso di Darmian nel finale, che avrebbero cambiato almeno il risultato, non la storia di questa partita. La nazionale è andata in Svezia senza un vero piano tattico, con la sola speranza di non prenderle e l’idea che essere l’Italia potesse bastare per sfangarla. Si sbagliava: torna in patria col morale a terra e uno dei peggiori risultati possibili nel doppio confronto. Non è ancora finita: c’è ancora il ritorno in casa, il calore di San Siro, l’orgoglio e la tradizione. Nient’altro: la mancata qualificazione ai Mondiali, che sarebbe storica, è lì ad un passo.