“L’urlo di dolore di mio padre, che è lo stesso di molti altri che non sanno emetterlo, aspetta una risposta dalla politica e dallo Stato”. Chi parla è Sandra, la figlia di Michele Gesualdi, l’ex allievo di don Lorenzo Milani, ad una settimana dalla pubblicazione della lettera che il babbo, il 13 marzo scorso, ha inviato ai presidenti della Camera e del Senato e ai capigruppo parlamentari per affrettare l’approvazione della legge sul testamento biologico. Sandra Gesualdi, giornalista, da mesi dà voce al padre che l’ha persa a causa della terribile malattia che l’ha colpito da tre anni, la Sla, girando per tutta la penisola a presentare il libro del padre, Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana, edito da San Paolo.
Lei è diventata la voce del padre, presenta i suoi libri: perché?
Perché sono sua figlia, semplice. Non conosco altri modi per aiutarlo e stargli vicino se non quello di farmi tramite di idee e pensieri suoi. Credo in questo di essere privilegiata, gli assisto la sua parte raziocinante e questo permette di ampliare e irrobustire la mia. Giorno dopo giorno le nostre radici si intrecciano.
Veniamo alla lettera. Che cosa ha spinto suo padre a scrivere la lettera sul testamento biologico?
Quella lettera è un grido di dolore che non ammette strumentalizzazioni o fraintendimenti. Intimo e acuto, di una persona lucida, consapevole e profondamente cattolica che mette a disposizione una situazione privata per cambiare la situazione a favore di molti. Michele vorrebbe una legge che renda pacifico il rispetto della sua volontà di malato terminale e della sua dignità che è anche quella di tanti malati come lui. La legge offre a tutti pari opportunità e fa sentire i suoi cittadini e le loro famiglie meno soli di fronte a decisioni difficilissime che creano turbamento, dubbio e lacerazione. Questo è un dovere dello Stato, sostenere e dar certezza, in ugual misura, a ogni suo cittadino. Soprattutto a quelli più fragili.
Le reazioni dei parlamentari a cui è indirizzata?
Al momento hanno risposto, tramite twitter, solo Grasso e Boldrini. Poi molti messaggi privati dalla società civile e da sacerdoti amici. La sensazione è che l’appello abbia ridato impulso a un dibattito che tocca molti, moltissimi. Un impulso a pensare.
Perché la Chiesa tace?
La Chiesa è una realtà composita. Non prese posizione neppure nel 1965 per la vicenda dei cappellani militari. Non condannò quel gruppo di cappellani che avevano dichiarato l’obiezione di coscienza espressione di viltà ed estranea al comandamento cristiano dell’amore. Non prese posizione a favore di don Milani quando scrisse le due bellissime lettere ai cappellani e ai giudici, tutte concentrate sul primato della coscienza e che hanno contribuito a far approvare la legge sull’obiezione. Veri e propri documenti sociali e civili.
Il silenzio della Chiesa preoccupa suo padre?
Nel suo ultimo libro Michele lo dice chiaramente e mette “due Chiese a confronto”: una in linea con gli interessi costituiti, l’altra quella schierata con gli ultimi e gli emarginati che lotta contro le ingiustizie sociali. E conclude che la Chiesa cammina lentamente ma prima o poi arriva. Nel frattempo, aggiungo io, dovrebbe dare conforto alle sue creature sofferenti.
Suo padre ha parlato con il Papa della malattia quando, il 20 giugno, ha fatto visita a Barbiana?
E’ stato un incontro privato e in quanto tale vorrei rimanesse. Francesco nella cucina povera di Barbiana era atteso come un padre che conforta, accoglie e protegge. E non era atteso solo da mio padre.. Profonda tenerezza, commozione e naturalezza hanno fatto da cornice a quei minuti. Il tempo si è fermato e riavvolto.
Di cosa ha più paura suo padre in questo suo calvario?
Le rispondo direttamente con le sue parole (intervista a Radio Radicale del 29/10/17) e anche in questa occasione adempio al mio compito.. “Oggi mi fa un po’ paura non sapere cosa si trova nel mondo sconosciuto, ma ho anche molta speranza. Mi fa poi paura sapere la sofferenza che questo mio stato dà alle persone che amo. Per quanto riguarda il mondo conosciuto ho paura che si costruiscano muri per chiudersi nel proprio egoismo anziché ponti che aprono le braccia e i cuori alla umanità sofferente”.
Don Milani avrebbe apprezzato la lettera di Michele?
Credo che don Lorenzo gli abbia insegnato a trattenere il respiro quando gli ha insegnato a guardare e riconoscere il cielo le notti d’estate a Barbiana. Lo ha corredato di saggezza, rabbia, giustizia e tenera ruvidezza. Mi risponda lei. Se suo figlio mettesse a disposizione la sua sofferenza per migliorare il mondo in cui viviamo, lei sarebbe contento?