Casseforti anonime basate nei Caraibi che controllano la società di sistemi elettronici per la difesa e la pubblica amministrazione Vitrociset. Che, en passant, gestisce la sicurezza del traffico aereo in Italia, alcuni reti di Polizia, Banca d’Italia, Viminale e Agenzia delle Entrate e ha tra i clienti anche l’Agenzia spaziale europea. Trust offshore a cui fa capo l’impero della famiglia Bonomi, che attraverso Investindustrial è grande socio del gruppo delle videolotteries e slot machine Snaitech. Ma pure, fino all’anno scorso, la Morning Glory Yachting limited, società delle Bermuda proprietaria del superyacht da 48 metri di Silvio Berlusconi, poi venduto. E la tesoreria della congregazione dei Legionari di Cristo. Sono le nuove rivelazioni che emergono dai Paradise Papers, 13,4 milioni di file degli studi legali offshore Appleby e Asiaciti passati da una fonte anonima al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e esaminati da 95 testate partner di Icij, consorzio internazionale di giornalisti investigativi che nel 2016 ha vinto il premio Pulitzer per l’inchiesta Panama Papers.
Per l’Italia aderiscono il gruppo Espresso e la testata di Rai3 Report, che domenica pomeriggio dedica una puntata speciale ai nomi degli italiani finiti nei documenti e a come lavora Appleby. La trasmissione racconta i meccanismi proposti ai clienti per risparmiare sulle imposte, a partire dall’Iva, e scopre come alcuni dei più delicati appalti dello Stato italiano siano in mano a società i cui proprietari sono sconosciuti ai pubblici registri. Vedi Vitrociset, partecipata da Leonardo (ex Finmeccanica) con una piccolissima quota che sulla carta, ricorda L’Espresso, dà allo Stato italiano il diritto di esercitare poteri di veto (golden power) e prelazione per evitare eventuali scalate indesiderate. Formalmente il gruppo, strategico visti i suoi contratti per tecnologie strategiche usate da ministeri e forze dell’ordine, è “controllato dalla famiglia Crociani”: la principessa Camilla Crociani, figlia dell’ex presidente Finmeccanica Camillo che nel 1976 fu travolto dallo scandalo Lockheed e si rifugiò in Messico per evitare il carcere, ha detto ai giornalisti di Report di essere a capo dell’intera filiera. Ma dai Paradise Papers emerge che in cima alla piramide societaria c’è la International Future Venture & Investment (Ifvi), società con un dollaro di capitale sociale domiciliata a Curaçao, paradiso fiscale e societario delle ex Antille olandesi. Totalmente anonima visto che “nei registri di Curaçao non ci sono i nomi dei proprietari”.
“Lo Stato come fa a sapere con certezza chi gli fornisce i sistemi per il controllo del traffico aereo, le tecnologie satellitari e le telecomunicazioni o le apparecchiature da cui passano le informazioni sensibili?”, si chiede Milena Gabanelli sul Corriere dando conto dell’inchiesta. “La presidenza del Consiglio alle 18 di venerdì non ha dubbi sul nome degli azionisti. Alle 21 comunica alla redazione di Report che ci sono cambiamenti in corso. Nulla di più. Ha qualche difficoltà anche l’Agenzia delle Entrate, che dovrebbe incassare le imposte, ma la signora Crociani dice che è a posto con il fisco italiano, e che la complessa struttura societaria è dovuta al fatto che tutta la famiglia vive all’estero”.
Quanto all’impero dei Bonomi, si scopre che sopra la holding lussemburghese BI Invest Holding ci sono The George Trust, The Budda Trust e The 1987 settlement trust, tutti con sede nell’isola di Jersey. Tutti e tre costituiti da Carlo Campanini Bonomi, padre dell’attuale numero uno del gruppo Andrea, che in una lettera di replica a Espresso e Report spiega di essere solo cittadino americano e svizzero e di non avere dunque obblighi fiscali in Italia. ‘architettura societaria, racconta il settimanale, è emersa quando il gruppo ha chiesto un finanziamento per l’acquisto di un jet e si è rivolto a Appleby per risparmiare l’Iva registrandolo nell’isola di Man. Dove si gode di un vantaggio fiscale del 20 per cento: zero imposte sul valore aggiunto.
E’ invece un trust delle isole Cook a gestire la società anonima che ha in pancia la villa in stile coloniale con parco privato, piscina e villa sull’Atlantico di Felice Rovelli, figlio ed erede di Angelo detto Nino, “ex re della petrolchimica in Sardegna, fondatore del gruppo Sir“, ricorda L’Espresso. Il gruppo è fallito negli anni 80, quando lo Stato ha dovuto pagare parte del conto e il resto del passivo si è scaricato sulle banche pubbliche. Nel 1982 Rovelli ha accusato la banca statale Imi di averlo fatto affondare negandogli un credito. Da quella vicenda è nato uno scontro giudiziario durato anni e finito con una sentenza che ordinava all’Imi di risarcire gli eredi. Il giudice, Vittorio Metta, come sancito nel 2006 dalla Cassazione era stato comprato a suon di tangenti con l’intercessione degli avvocati Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Cesare Previti.
Nei papers c’è anche la rete di trust creati dai Legionari di Cristo, il cui fondatore Marcial Maciel Degollado ha dovuto lasciare il sacerdozio dopo le accuse di abusi sessuali ricevute da decine di giovani. Dopo la sua morte, nel 2008, la congregazione è stata commissariata e le offshore sono state sciolte. Nel 1992, Degollado aveva creato attraverso allo studio Appleby una società alle Bermuda in cui sono confluite ogni anno le rette pagate dagli studenti di scuole, collegi e università gestite dai Legionari e altre offshore nel Delaware, a Panama, nel Jersey e in Lussemburgo. Le sorprese non mancano nemmeno in Italia: la congregazione ha affittato uno dei suoi immobili di Roma a una società gestita dall’avvocato Michele Santonastaso, il legale dei boss camorristi Iovine e Bidognetti.