E’ morta nel letto di una struttura sanitaria del Milanese dopo essersi sottoposta a un intervento per dimagrire. Doveva essere una procedura di routine, ma qualcosa è andato storto e per Franca Bertoli, una donna di 61 anni di Bresso deceduta nel 2011 alla Multimedica di Sesto San Giovanni, non c’è stato purtroppo nulla da fare. Una vicenda ancora senza un perché, per la quale sono imputati in tribunale a Monza, davanti al giudice Alessandro Rossato, due medici e un’anestesista della struttura. Si tratta di Tiziana Lodi, del marito Valerio Ceriani e dell’anestesista monzese, Patrizia Chiara Ghisi che però nella faccenda, stando alla ricostruzione della Procura, sarebbe una figura più marginale.
Secondo la Procura di Monza, la dottoressa “durante l’estrazione del pallone endogastrico avrebbe provocato la lacerazione dell’esofago della paziente” e avrebbe omesso di effettuare un “esofagoscopia che avrebbe permesso di riconoscere la lesione e di porvi rimedio”. Nelle ultime due udienze la Lodi ha riferito in aula spiegando le proprie ragioni: “Quando il pallone è stato estratto – ha raccontato la dottoressa – non c’era alcuna traccia di sangue. Non c’era alcun segno che potesse far pensare a lesioni interne. Dopo l’intervento sono passata e ho visto che la signora stava bene. Lamentava solo un dolore al fianco nella parte lombare, del tutto normale per una persona obesa. La mattina dopo un’operatrice mi informa che la signora era andata in arresto. Per me un fatto del tutto inspiegabile. Abbiamo accertato che il palloncino era in sede. Non c’era stato sangue e i parametri erano normali. La signora inoltre non aveva avuto dolori particolari. Dopo l’intervento tutto era nella norma”. La paziente andò in coma e morì.
Il tribunale sta cercando di definire le responsabilità del misterioso decesso. Mercoledì mattina ha riferito in aula un perito della difesa che ha dato la propria chiave di lettura: “Esaminata la cartella clinica – ha detto il consulente di parte – ritengo che all’uscita dalla sala operatoria, i parametri della signora fossero normali. Il valore del 70% di saturazione, invece, mi lascia perplesso. La ragione va vista forse nel fatto che lo strumento utilizzato potrebbe aver commesso degli errori. In molti casi, una non perfetta posizione di questa sorta di molletta fa registrare parametri diversi. Con saturazione 70 la persona è quasi in arresto cardiaco, non sarebbe arrivata al mattino. Per espellere il palloncino la signora è stata indotta al vomito. Il vomito potrebbe essere stato la causa della lacerazione dell’esofago”. Anche il dottor Ceriani sta rispondendo di quel decesso poiché “avrebbe ritardato ingiustificatamente l’intervento di cervicostomia, esofagectomia e digiunostomia adottando inappropriatamente per l’intervento al torace la tecnica laparoscopica con accesso addominale”.
“Sui palloncini – si era difeso nelle precedenti udienze Ceriani – non c’era traccia di sangue, vuol dire che il palloncino non è stato la causa della rottura, ma vuol dire che la rottura è avvenuta nello sforzo di vomito. In quel momento la paziente non poteva essere operata: la tempistica è tutto. Chi è intervenuto la mattina non ha riconosciuto il pneumotorace iperteso”. E qui viene tirata in ballo l’anestesista che secondo la tesi difensiva la mattina della crisi, avrebbe dovuto drenare anziché, come è stato fatto, intubare la paziente. Anche se il perito di parte civile di fatto l’ha già scagionata. “La causa della morte era ascrivibile – ha aggiunto il consulente medico legale – a una lacerazione dell’esofago che doveva essere riconducibile a un intervento effettuato alla Multimedica. L’anestesista era intervenuta in una situazione di estrema urgenza. Il suo è stato un comportamento congruo che non ha aggravato la situazione”. I familiari hanno chiesto giustizia: “Chiediamo chiarezza – dice il figlio – mia madre non può essere morta da sola. Quando è entrata stava bene, poi dopo l’intervento è morta. Qualcuno deve assumersene le responsabilità”.