I critici più attenti sono ormai concordi nell’ammettere il corposo debito contratto dalla serie televisiva “Il Trono di spade” (“Game of Thrones”) – prodotta dall’emittente televisiva statunitense HBO, a partire dal 2011 – nei confronti dell’attuale situazione politica italiana. Difatti quel suo clima cupo e minaccioso, in cui si succedono senza soluzione di continuità intrighi e regolamenti di conti all’insegna del tutti contro tutti, ha chiaramente ispirato i curatori di un fantasy che ormai sta frantumando ogni record d’ascolto.
Ovviamente i soggettisti della Pay TV d’oltreoceano hanno mascherato tali riferimenti; per deviare l’attenzione, rendendo meno agevole un’eccessiva identificazione con l’attualità. Eppure le tracce risultano ancora visibili.
A partire dalla cattiva per eccellenza, Maria Elena Lannister Boschi; il cui regno è stato spostato dall’Etruria ad Approdo del Re, pur mantenendone la connotazione di sentina della corruzione e dei vizi. Semmai il colpo di genio mimetico è stato quello di trasferire il controllo del suo trio di draghi sputafuoco, poi destinati a diventare due, alla biondina fanatica, integralista e piromane Daenerys Targaryen, alla conquista del regno di Westeros (riferimento palese a Roberta Lombardi, in corsa per la presidenza di Regione Lazio). Quando invece nel mondo reale le orride belve mitologiche – denominate Orfinix e Lottix – volteggiano sul capo della “Nata dalla tempesta (bancaria)” Maria Elena. Pronti a emettere contro i critici non fiamme ma fetide insinuazioni malignazze altrettanto mortali.
Nel frattempo il terzo drago della covata – detto Nardellax – pare sia finito sepolto sotto il crollo di qualche storico monumento fiorentino.
A fianco della villain più proterva del serial, ritroviamo un personaggio controverso: il fratello incestuoso Jaime. Apparso inizialmente sulla scena come tracotante spadaccino attacca briga, da cui il soprannome “Sterminatore di re e di Bersani”, il seguito della vicenda bellica/elettorale gli ha inferto gravissime amputazioni che lo hanno reso una presenza ormai quasi soltanto patetica: il Matteo Renzi collezionista di trombature a ripetizione, simboleggiate nel moncherino del Lannister.
Più controverse le attribuzioni relative alle orde che vivacizzano la serie: “i Bruti”, ovvero “il popolo libero” al di là della barriera (il perimetro partitocratico) potrebbe essere identificato nella comunità Pentastellata; anche per il colore dei loro capelli, rosso fiamma, come quello di Paola Taverna. Però suonerebbe a smentita della simmetria il fatto il loro capo – Tormund Veleno dei Giganti – accetta di allearsi sulla base di un progetto condiviso con il leader riformista socialdemocratico, il leale Jon Snow (un’aggiunta dei soggettisti che non ha nessuna attinenza con la politica italiana, priva di siffatti personaggi positivi); soluzione improponibile per Cinquestelle fissati con l’isolazionismo. A questo punto si potrebbe arguire che sono le bande ipercinetiche dei barbari Dothraki a riprodurli; anche per la loro abitudine di vivere a cavalcioni, come Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio negli ininterrotti tour ciclistici siciliani compiuti, tra risate e comizi, per le strade e gli sterrati dell’isola fatale. Anche se non coronati dal successo atteso.
Ma il riferimento assolutamente al di sopra di qualsivoglia ragionevole dubbio è al “Re della Notte”, giunto alla testa dell’armata di non-morti. Ossia la trasposizione filmica del ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi, accompagnato da una torma di zombi che infettano con il loro morso. La cui presenza incombe, terrorizzante e pervasiva, sulla prossima edizione del racconto; prevista per il 2018. Come la nostra campagna elettorale nazionale. Perché “l’inverno sta arrivando”. La frase enigmatica che ripetono tutti i concorrenti al “Game of thrones”, metafora dell’imminente appuntamento destinato a consegnare l’Italia all’assoluta ingovernabilità. Per cui – poi – dovremo ritornare rapidamente alle urne, mentre il clima politico diventerà ancora più rigido di quello della fiction.
Nel medioevo prossimo futuro che ci attende, immaginario come reale.