Sono circa duecento gli iscritti alla massoneria indagati, imputati o addirittura condannati per reati di tipo mafioso. Una condizione molto diffusa in Sicilia e Calabria dove i massoni in queste pendenze giudiziarie ricoprono spesso ruoli di alto grado all’interno delle logge.  Un numero che raddoppia se si prendono in considerazione i reati contro la pubblica amministrazione. A scriverlo è sito del Corriere della Calabria che racconta il contenuto di un “rapporto riservatissimo“, consegnato dalla Guardia di Finanza a Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare Antimafia.

Era stato sempre palazzo San Macuto a incaricare i vertici dello Scico delle Fiamme Gialle di acquisire la documentazione sui massoni di Calabria e Sicilia. I militari, quindi, hanno sequestrato gli elenchi degli iscritti alle logge calabresi e siciliane delle associazioni massoniche Grande Oriente d’Italia, Gran Loggia Regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia d’Italia e Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori. Gli elenchi, che coprono un periodo compreso tra il 1990 e il 2016, sono stati poi incrociati con i precedenti penali dei vari iscritti: il risultato è finito dentro il rapporto attualmente custodito nella cassaforte della presidente dell’Antimafia.

In precedenza la stessa commissione aveva convocato per una formale audizione i vertici delle varie logge, chiedendo loro di consegnare gli elenchi dei “fratelli“. Alcuni Gran Maestri avevano acconsentito, altri invece opposero un secco e netto rifiuto. L’uno marzo del 2017, quindi, la guardia di finanza ha fatto irruzione nelle sedi nazionali delle quattro Obbedienze che non avevano dato seguito alle richieste di palazzo San Macuto. “Abbiamo chiesto più volte le liste, per più settimane, indicando come termine ultimo di consegna lo scorso 8 febbraio” spiegava Claudio Fava, vicepresidente della commissione. “Ci siamo dati un altro mese di tempo – continuava – alla fine oggi all’unanimità la commissione ha deliberato di accogliere la proposta dell’ufficio di presidenza e di procedere al sequestro”.

Tra i gran maestri che più di tutti avevano dato battaglia per non consegnare gli elenchi c’era il numero uno della Gran Loggia d’Oriente, Stefano Bisi, “accusato da alcuni fuoriusciti – scrive il giornale calabrese – di avere allargato le maglie per l’iscrizione, soprattutto in Calabria, consentendo l’ingresso di elementi collegati con la ‘ndrangheta“. Bisi si rifiutò di consegnare i suoi elenchi in nome del diritto alla privacy. E quando poi alla fine era stato ordinato il sequestro aveva commentato con una dichiarazione infuocata l’arrivo dei finanzieri: “Oggi è stata commessa una palese discriminazione nei confronti di una istituzione libera e secolare come la Massoneria e c’è stata una grave violazione della democrazia e delle leggi dello Stato. Il sequestro degli elenchi dei liberi muratori del Goi appartenenti alle logge di Calabria e Sicilia da parte della Commissione Antimafia è un atto arbitrario e intimidatorio“.

Lo stesso Bisi si era fatto segnalare nel marzo scorso per una lettera indirizzata a don Luigi Ciotti. “Le sue parole ci feriscono e ci offendono. Le devo sinceramente dire che quella sua frase sulla massoneria accostata alla ‘ndrangheta, alla corruzione e all’illegalità mi ha personalmente ferito come uomo e come massone” scriveva il massone nella sua missiva. Il riferimento era alle parole pronunciate dal fondatore di Libera a Locri il 21 marzo scorso, in occasione della Giornata della memoria e del ricordo delle vittime della mafia. “Siamo qui perché amiamo la vita, per sostenere quella Calabria che non accetta di essere identificata con la `ndrangheta, la massoneria, la corruzione” aveva detto dal palco il sacerdote.

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