Il processo a Mafia capitale non finisce qui. La Procura di Roma farà appello contro la sentenza del 20 luglio che aveva condannato Massimo Carminati e Salvatore Buzzi per associazione a delinquere, ma aveva escluso l’aggravante mafiosa. Lo ha annunciato il capo dei pm di piazzale Clodio Giuseppe Pignatone durante il suo intervento alla Festa per i venti anni di Repubblica Palermo. “Abbiamo letto la sentenza e riteniamo di non concordare – spiega Pignatone – stiamo scrivendo l’appello perché riteniamo che la costruzione accusatoria mantiene la sua validità. Noi siamo fiduciosi su ulteriori sviluppi”.

Il Mondo di mezzo “non dominava un territorio ma un settore di affari, economico, e soprattutto una serie di rapporti con un pezzo dell’amministrazione comunale di Roma” – ha proseguito  Pignatone – secondo noi otteneva il controllo con il metodo mafioso in quanto aveva la disponibilità della violenza. Tutti lo sapevano, Carminati aveva alle spalle un pedigree noto a Roma. C’erano secondo noi le condizioni per il riconoscimento del carattere mafioso”.

“Dal 2012, dopo il mio arrivo a Roma, era pacifico per ministri e prefetti che a Roma non ci fosse la mafia. Io ho iniziato a fare indagini per scoprire se fosse vero e sono uscite le piccole mafie”, ha proseguito il procuratore capo. “L’articolo 416 bis del codice penale non punisce solo le mafie tradizionali – spiega Pignatone – le piccole mafie, piaccia o non piaccia, hanno piena cittadinanza per essere punite, anche le piccole mafie sono tali se usano il metodo mafioso”.

Il 20 luglio il Tribunale di Roma aveva condannato Buzzi, capo delle coop rosse, a 19 anni, 20 anni per Carminati, 11 per Luca Gramazio, ex capogruppo del Pdl in Comune e alla Regione Lazio. L’accusa di associazione mafiosa era caduta per 19 imputati, tra cui i presunti capi Carminati e Buzzi. Per il resto le toghe capitoline avevano hanno emesso condanne pesanti riconoscendo quella che è comunque un’organizzazione capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati, di finanziare cene e campagne elettorali, di raggiungere politici di destra e sinistra. Un’organizzazione che però, per i giudici, non è una cupola, non è una piovra. Rispetto alle richieste della Procura che aveva proposto per tutti gli imputati 5 secoli di carcere, i giudici della X Corte presieduta da Rosanna Ianniello a luglio avevano inflitto oltre 250 anni, dimezzando di fatto le pene richieste.

In giornata aveva parlato della situazione della Capitale anche Franco Roberti: “A Roma c’è una mafia autoctona e di importazione”, ha detto il Procuratore nazionale antimafia a margine della firma di un protocollo d’intesa con l’Anac, ai giornalisti che gli domandavano della presenza mafiosa, anche a seguito di quanto accaduto a Ostia. “Se il riferimento è alla sentenza sul processo di Mafia capitale – ha risposto Roberti – quella è una sentenza, per quanto importante, e ce ne sono altre che hanno riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso per delitti commessi sul territorio di Roma. La mafia a Roma esiste di importazione e anche autoctona, quest’ultima forse meno aggressiva, ma comunque definibile come associazione mafiosa”.

L’annuncio arriva dopo due sentenze della Cassazione che danno forza alle parole del capo dei pubblici ministeri capitolini. Il 26 ottobre la Sesta sezione aveva riaperto il processo per mafia al clan Fasciani di Ostia e il 10 novembre con una sentenza che rimanda a Massimo Carminati la Seconda sezione ha dato ragione al Pg di Venezia che vuole condanne per mafia per un clan moldavo dedito al racket.

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