L'economia accelera ma la Penisola resta indietro rispetto ai partner europei. Siamo penultimi dopo il Belgio. Renzi, la Boschi e i parlamentari Pd però esultano legando il risultato alle riforme dei 1000 giorni
La crescita italiana resta stentata ma accelera. Nel terzo trimestre 2017, stando alle stime preliminari dell’Istat, il pil è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell’1,8% nei confronti del terzo trimestre del 2016, la variazione più elevata dal 2011. La nota spiega che anche l’andamento del primo trimestre è stato rivisto al rialzo da 0,4 a 0,5% e ricorda che il terzo trimestre ha avuto tre giornate lavorative in più del trimestre precedente e una in meno rispetto allo stesso periodo del 2016. La variazione acquisita per il 2017, cioè quella che l’Italia metterebbe a segno se di qui a fine anno non ci fossero ulteriori progressi né passi indietro, è pari a +1,5%.
Matteo Renzi, i parlamentari Pd e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi esultano per il risultato, legandolo come sempre alle “riforme” dei 1000 giorni. Ma il confronto con il resto d’Europa resta impietoso: come ricordato dalla Commissione Ue pochi giorni fa, la Penisola resterà ultima tra i Paesi membri anche nel triennio 2017-2019. E le stime Eurostat confermano il divario: sia l’Eurozona sia la Ue a 28 hanno fatto segnare un +0,6% e un +2,5% su base annua. Belgio (+1,7%) e Italia (1,8%) sono gli Stati che crescono meno. Il Paese che cresce di più è la Lettonia (+6,2%), seguito da Cipro (+3,9%). In termini congiunturali il pil è aumentato in Francia dello 0,5%, in Regno Unito dello 0,4% nel Regno Unito. Gli Stati Uniti sono cresciuti dello 0,7%.
Quando siamo partiti il PIL era al 2% ma aveva il meno davanti: -2%. ISTAT oggi dice che nell’ultimo anno il PIL è stato quasi al 2%, ma ha il più davanti: +1.8%.
Il tempo dimostra chi aveva ragione: non si molla, #avanti insieme #trenoPd— Matteo Renzi (@matteorenzi) 14 novembre 2017
La variazione congiunturale, si legge nella nota, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e di un aumento nei settori dell’industria e dei servizi. Dal lato della domanda, c’è un contributo positivo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia di quella estera (esportazioni al netto delle importazioni).