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Marco Pantani morto per “ingestione volontaria di cocaina”. La Cassazione: “Improponibile l’ipotesi di omicidio”

La Suprema corte ha depositato le motivazioni della sentenza con cui il 19 settembre scorso ha dato il via libera definitivo all'archiviazione delle indagini sulla morte del Pirata. Negli atti si legge che "legittimamente" il gip ha valutato "gli indizi a disposizione" che "unitariamente considerati" portavano alla conclusione che il ciclista "si trovava da solo nella stanza" del residence 'Le Rose' di Rimini e che "era impossibile per terzi accedervi"

L’omicidio di Marco Pantani ? L’ipotesi è “improponibile e congetturale“. La morte del ciclista, infatti, è stata  causata “da una accidentale, eccessiva, ingestione volontaria di cocaina precedentemente acquistata”. Lo scrive la corte di Cassazione nella sentenza numero 52028, che chiude definitivamente anche l’ultimo capitolo della storia del Pirata.

La Suprema corte ha depositato le motivazioni della sentenza con cui il 19 settembre scorso ha dato il via libera definitivo
 all’archiviazione delle indagini sulla morte di Pantani. Negli atti si legge che “legittimamente” il gip ha valutato “gli indizi a disposizione” che “unitariamente considerati” portavano alla conclusione che Pantani “si trovava da solo nella stanza” del residence ‘Le Rose’ di Rimini e che “era impossibile per terzi accedervi“. Scartata, dunque, la tesi che “ignoti” abbiano costretto “l’atleta ad ingerire una dose mortale di cocaina” perché l’ipotesi di “omicidio volontario compiuto da ignoti” è “improponibile e congetturale“,  a differenza di quanto sostenuto invece dai familiari del campione di Cesenatico.

L’inchiesta bis sulla morte del ciclista trovato senza vita il 14 febbraio 2004 era stata riaperta su sollecitazione dei genitori di Pantani. Il padre Ferdinando e la madre Tonina Belletti, avevano fatto ricorso contro il decreto del gip di Rimini del 24 giugno 2016, che aveva disposto l’archiviazione per “infondatezza” del loro esposto presentato il 24 luglio 2014 in cui si chiedeva la riapertura delle indagini sulla morte del figlio. A chiedere l’archiviazione dell’inchiesta era stata la stessa procura.

Il legale della famiglia aveva detto che il loro obiettivo era “cancellare l’immagine del campione depresso vittima della tossicodipendenza e dell’utilizzo di psicofarmaci”. La verità giudiziaria però ha stabilito che Pantani morì da solo in una stanza del residence, chiusa dall’interno. Esclusa definitivamente l’ipotesi che qualcuno lo abbia costretto ad assumere i medicinali responsabili della sua morte.