“La scuola ci lascia in mutande”. Non è solo uno slogan quello degli studenti veneti. Venerdì i turisti che attraverseranno le calli di Venezia si troveranno davanti non solo alla Basilica di San Marco ma anche alla scena di ragazzi e ragazze che si spoglieranno per lanciare una provocazione contro l’esperienza di alternanza scuola-lavoro. La manifestazione promossa dalla Rete degli Studenti Medi partirà alle nove da piazzale Roma e percorrerà tutte le strade fino a campo San Bartolomeo: all’altezza di campo Sant’Apostoli è previsto lo spogliarello degli studenti che nonostante la stagione resteranno in biancheria intima rossa.

“Dicono che la scuola è in rosso e noi ora ve lo mostriamo – spiega Stefano Pravato, coordinatore della Rete degli Studenti Medi Venezia-Mestre – con questa iniziativa spiritosa nata per richiamare l’attenzione delle istituzioni. Nessuno ci ascolta. Non ci resta che provare questa”. A restare in slip saranno alcune decide di giovani in testa al corteo pronti a mettersi a nudo per far sentire la voce di chi non ne vuole più sapere di un’alternanza scuola-lavoro fatta in questo modo. “Da tre anni non c’è una sola regola che ci tuteli. In questo autunno abbiamo girato l’Italia organizzando assemblee per discutere che tipo di statuto presentare ai dirigenti scolastici e alle istituzioni. Porteremo una nostra proposta al ministero dell’Istruzione”.

Gli studenti veneti chiedono che lo statuto da far approvare ad ogni scuola dia la possibilità a tutti gli allievi di essere a conoscenza in modo preciso degli obiettivi didattici del percorso e di personalizzare l’esperienza di alternanza sia in base all’indirizzo scelto ma anche in funzione delle competenze che si vogliono apprendere. “Chiediamo – spiega Pravato – che l’orario di svolgimento del lavoro non superi quanto concordato tra istituto e azienda e che le ore di alternanza siano svolte in orario extra-curricolare, non in estate e non durante i fine settimana”.

È la stesse Rete degli Studenti Medi del Veneto a segnale come già accaduto in altre parti d’Italia alcune situazioni anomale: al liceo classico “Franchetti” di Mestre una ragazza sarebbe stata mandata in una pasticceria che pochi mesi dopo ha chiuso perché non rispettava le norme igienico sanitarie così come un’altra avrebbe svolto venti ore di formazione alla sicurezza sul lavoro che erano previste all’interno di un progetto all’interno di una scuola dell’infanzia ma non sono mai state conteggiate, come invece era stato concordato. Ma non solo questo. A Castelfranco Veneto, un ragazzo in un istituto agrario sarebbe stato costretto – nonostante il suo programma di alternanza non lo prevedesse – a spalare letame in una stalla.

Casi come questi sono già stati portati alla luce anche nei mesi scorsi dal ilfattoquotidiano.it. A Parma, l’Uds ha scritto una vertenza all’ufficio scolastico regionale per il caso di un ragazzo di un istituto tecnico economico: “Il progetto di tirocinio doveva essere sul software aziendale del centro sportivo “Ercole Negri” ma è stato mandato ad aprire e chiudere ombrelloni”, spiega la coordinatrice nazionale Francesca Picci. A Taranto i ragazzi dell’artistico “Calò” nei mesi scorsi sono finiti a scartavetrare barche alla Lega navale. Ad oggi si contano 1,5 milioni di ragazzi delle superiori più o meno equamente ripartiti tra le classi terze, quarte e quinte dell’ultimo triennio di tutti i percorsi di studi in alternanza scuola-lavoro. Tra questi tante segnalazioni che arrivano dalle associazioni degli studenti a testimonianza di ciò che non funziona in questa esperienza resa obbligatoria dalla Legge 107.

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