Ho scritto vari post su questo blog per denunciare la distruzione dell’università pubblica italiana, lucidamente perseguita dai governi Berlusconi e da quelli successivi. I dati sono alla portata di tutti: l’Università pubblica italiana ha subito una decurtazione del Fondo di Finanziamento Ordinario pari al 20% nel decennio 2008-2017, e una perdita del personale docente e non docente della stessa entità, dovuta alla mancata sostituzione dei docenti andati in pensione. Gli stipendi del personale docente sono stati bloccati tra il 2011 e il 2015. I finanziamenti pubblici alla ricerca sono stati erogati in quantità miserevoli e irregolari. Nessun comparto della pubblica amministrazione ha subito un simile ridimensionamento.
Nella situazione attuale, la possibilità di svolgere il lavoro di ricerca all’interno delle Università pubbliche è compromessa, per una serie di motivi. In primo luogo la riduzione dei finanziamenti e del personale rende impossibile mantenere gli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro previsti dalla legge. La sicurezza di un laboratorio didattico, nel quale operano gli studenti, dipende criticamente non solo da una corretta manutenzione dei dispositivi di protezione collettivi, ma anche dalla presenza di personale esperto preposto alla vigilanza delle operazioni. Poiché la sicurezza degli studenti (equiparati per legge a lavoratori) è prioritaria, e le inadempienze alla normativa vigente hanno rilevanza penale, ho provveduto a sospendere le esercitazioni in laboratorio in precedenza previste nei miei corsi. Per le stesse ragioni non intendo più prendere sotto la mia supervisione studenti di dottorato di ricerca o tesisti: le tesi che io supervisiono sono oggi soltanto compilative.
In secondo luogo, anche il lavoro di ricerca che il docente può svolgere personalmente, è grandemente ridimensionato, perché la riduzione del numero dei docenti comporta un maggiore impegno didattico di ciascuno di noi, e una conseguente minore disponibilità di tempo da dedicare alla ricerca (che peraltro va di pari passo con la minore disponibilità di finanziamenti). Gli estensivi e vessatori obblighi di rendicontazione delle nostre attività, imposti da una inutile burocrazia ministeriale e dall’Agenzia di valutazione Anvur sottraggono ulteriore tempo alle attività di ricerca.
Infine, le normative concorsuali vigenti penalizzano il precariato e fanno sì che l’inizio della carriera universitaria privilegi persone che si sono formate all’estero, in condizioni molto più favorevoli di quelle vigenti in Italia. Per questo, io da tempo rifiuto di prendere precari sottopagati che, in occasione di un concorso si troverebbero a competere con colleghi di ritorno dagli Usa o da Paesi europei nei quali i colleghi hanno usufruito di tutt’altre strutture che le nostre. E’ deplorevole che l’anzianità di servizio in un laboratorio di ricerca pubblico in Italia non sia un merito valutabile.
Poiché ho lavorato nella ricerca scientifica per quarant’anni, abbandonarla mi dispiace: in fondo sento un debito nei confronti dei tanti scienziati che hanno speso il loro tempo prezioso per insegnarmi quello che ho imparato e che non insegnerò più ad allievi che non sarebbe giusto formare. Per questo, ho deciso di raccogliere quello che ho imparato negli scorsi quarant’anni nel trattato Reversible ligand binding, pubblicato da Wiley.
Ringrazio la Professoressa Jannette Carey di Princeton (Nj, Usa) che ha condiviso con me i due anni di lavoro che sono stati necessari a scriverlo. Pochissimi tra i lettori di questo sito saranno interessati al libro: è dedicato infatti a ricercatori e a studenti dei corsi di dottorato; ma molti potrebbero essere invece interessati alle ragioni per le quali il libro è stato scritto, e che io ho esposto in questo post: perché l’Università pubblica è di tutti i cittadini dello Stato e la sua distruzione è un furto ai loro danni.