Alcune delle firme a sostegno di Sergio Chiamparino per le elezioni regionali del 2014 erano false o raccolte irregolarmente. Tuttavia sono un numero talmente esiguo da non mettere in discussione i risultati elettorali, così il Partito democratico può mantenere intatta la sua maggioranza all’assemblea regionale. A certificarlo è il tribunale civile di Torino che ieri ha depositato il dispositivo con cui si chiude la causa nata da una querela di falso presentata da alcuni rivali politici: l’ex consigliere provinciale della Lega Nord Patrizia Borgarello, passata ora a “Direzione Italia”, l’attuale consigliere comunale M5s Valentina Sganga e il militante grillino Antonio Pellettieri.
I magistrati della prima sezione civile del tribunale di Torino, presieduti da Francesco Rizzi, hanno deciso di annullare “soltanto” quattordici firme false e nove moduli nei quali la firma dell’autenticatore, Pasquale Valente, era fasulla, come riscontrato da lui stesso davanti ai pm nel corso dell’inchiesta penale per la quale l’ex consigliere provinciale ha patteggiato sette mesi insieme ad altri otto compagni di partito.
Non è risultata falsa, invece, la firma di Nadia Conticelli in calce al modulo 2, fatto che ha permesso al Pd di salvarsi: senza le sottoscrizioni di quel modulo il numero totale di firme a sostegno di Chiamparino sarebbe sceso sotto le mille, numero minimo necessario per la presentazione delle liste. Convalidando il modulo 2, invece, si arriva a quasi 1.020 firme valide. Così dunque si sono salvati gli otto consiglieri Pd eletti in provincia di Torino. L’ultima parola, però, spetta formalmente al Tar del Piemonte. La causa civile per falso è nata durante un ricorso al Tribunale amministrativo regionale fatto dalla Borgarello dopo la proclamazione degli eletti: nella causa l’ex leghista chiedeva di annullare l’elezione di Chiamparino e dei consiglieri dem eletti nel capoluogo. Lo scorso 4 maggio i giudici del Tar, a cui si era rivolta la stessa Borgarello, avevano deciso di sospendere il giudizio in attesa della definizione di questo processo civile che, dopo aver dato una valutazione sull’autenticità dei moduli e delle firme, avrebbe permesso di stabilire se e quanti consiglieri Pd fossero stati eletti ingiustamente.
In passato i giudici amministrativi del Tar prima e del Consiglio di Stato poi avevano stabilito che l’elezione di Chiamparino era valida. Stando all’esito del procedimento civile, ora possono tirare un sospiro di sollievo il segretario regionale e capogruppo Pd Davide Gariglio, il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus, l’assessore Gianna Pentenero, Nino Boeti, Raffaele Gallo, Daniele Valle, Andrea Appiano ed Elvio Rostagno.
E a proposito di firme false a sostegno dell’attuale presidente piemontese, ieri la procura ha chiesto una condanna a nove mesi di carcere per Rocco Florio, ex presidente della Circoscrizione 5 della Città di Torino accusato anche lui di aver raccolto irregolarmente le firme a sostegno del candidato del Pd: “Non sono arrivato a 61 anni facendo carognate. Sono una persona perbene e ho sempre rispettato l’avversario”, ha detto lui in aula nel corso del suo interrogatorio.
Nonostante le sentenze e i numeri, i consiglieri regionali del M5s vanno all’attacco e chiedono “un atto di coerenza e rispetto nei confronti degli elettori piemontesi: Si dimettano tutti i consiglieri regionali del Pd eletti a Torino – si legge in una nota – Se i consiglieri regionali non vogliono lasciare la poltrona, allora sia Chiamparino a chiederlo pubblicamente”. D’altronde, ricordano i Cinque stelle, Chiamparino aveva promesso di non fare “come Cota, che ha anteposto l’attaccamento alla poltrona alla legalità”.