Il mister va avanti per conto suo, ma la squadra è già decisa a non seguirlo più. Non è la cronaca della sciagurata eliminazione della Nazionale italiana di calcio dai mondiali del 2018, ma quella della polveriera in cui è finito il centrodestra nel Lazio. Una situazione esplosiva che ora rischia di minare anche gli equilibri a livello nazionale. Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, si è ufficialmente candidato alla presidenza della Regione Lazio. Non sarà (per ora) il candidato della tradizionale coalizione di centrodestra ma sicuramente guiderà una lista civica formata dai sindaci di piccoli comuni del Lazio, fra cui quelli del cosiddetto “cratere”, ovvero i più colpiti dalla terribile scia sismica dell’estate-autunno 2016. Una fuga in avanti – benedetta da Francesco Storace e Gianni Alemanno con lo zampino di Matteo Salvini – che ha indispettito perfino Silvio Berlusconi, fino a poche settimane fa ammiratore dell’ex allenatore del Trastevere Calcio ma che, alla vigilia del grande annuncio, in un’intervista a Il Messaggero è arrivato a dire: “Non lo conosco, non l’ho mai incontrato”. Segno evidente della scollatura fra l’uomo simbolo della battaglia per il rilancio dei territori terremotati e i partiti che avrebbero dovuto sostenerlo.
Presso l’Sgm Conference Center di Roma – dove ha presentato il simbolo della sua lista civica – in fondo Pirozzi ha mandato più stilettate ai suoi possibili alleati di quante ne abbia riservate ai competitor Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi. Intanto, prendendo le distanze dal partito di Giorgia Meloni, che da mesi rivendica come “nostro iscritto” il sindaco di Amatrice (“io non sono più iscritto a Fratelli d’Italia”, ha dichiarato), e poi lanciando frecciate a Forza Italia, che da tempo pretende di esprimere un suo nome interno, senza tuttavia riuscire a confezionare un nome davvero “vincente”: “Le primarie potevano farle prima, non è un problema mio – ha risposto a domanda Pirozzi – se uno usa la politica come trampolino per me non è di alta levatura. Se trovano persone a contatto con la gente, io sono qui”. L’unica stilettata agli avversari è arrivata sul tema delle accuse di “sfruttamento della visibilità del sisma” arrivate al primo cittadino amatriciano. “Allora – risponde – si può dire la stessa cosa di Zingaretti con la Provincia e della Lombardi col Parlamento. Mi auguro che in questi mesi non ci saranno ‘ritorsioni‘ su Amatrice, diventerei una bestia”, salvo poi trovarsi la risposta poco piccata dell’attuale governatore dem: “Non conosco la parola ritorsione”.
E ora? Come la mettiamo? La situazione, dicevamo, nel centrodestra è piuttosto pesante. Pd e M5S hanno ormai iniziato da tempo la loro campagna elettorale e partono decisamente avvantaggiati, mentre la coalizione a tre Lega-Fdi-Forza Italia continua a posticipare il confronto decisivo. Come detto, i berlusconiani pretendono di esprimere il candidato nel Lazio, avendo lasciato la Sicilia a Fdi e, probabilmente, la Lombardia e il Friuli alla Lega. Nella Capitale, dove la corrente più importante è quella del presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, sarebbero disposti a rinunciare al manuale cencelli solo se a mettersi in gioco fosse Giorgia Meloni, la quale è assolutamente decisa a non mettersi in panchina rinunciando alla corsa nazionale.
La verità è che di nomi competitivi non ce ne sono: Claudio Fazzone e Paolo Barelli non sono considerati spendibili né sufficientemente conosciuti, così come Francesco Giro, mentre i giornalisti Paolo Liguori e Nicola Porro hanno già declinato. In tutto ciò, è decisa ad alzare la testa anche Fratelli d’Italia, specie dopo le dichiarazioni di Pirozzi: Giorgia Meloni & Co. sono convinti che l’eventuale vittoria di Monica Picca a Ostia possa diventare la dimostrazione del loro “strapotere” a Roma e nel Lazio e, addirittura, pongono in discussione l’eventuale appoggio a Tajani in una possibile corsa come candidato premier, mettendo sul tavolo la natura “sovranista” di Fdi incompatibile con “colui che rappresenta l’istituzione che combattiamo, il Parlamento Europeo”.
L’unico a gongolare, in tutto ciò, sembra essere Matteo Salvini. La sua compagna Elisa Isoardi ha svolto il ruolo di “madrina” alla presentazione del libro di Pirozzi, lo scorso 24 ottobre. Il segretario della Lega – a cui evidentemente la vittoria nel Lazio interessa fino a un certo punto – sa bene che il centrodestra non può vincere diviso o senza l’immagine forte del sindaco di Amatrice, il quale – stimano nel centrodestra – potrebbe arrivare a spostare da solo anche il 10-15% dei consensi. E lui è pronto ad appenderci il cappello. “Tutto vero. Ma il problema non è vincere, ma governare”, spiega un alto esponente regionale di Forza Italia, ricordando come finì nel 2012 l’avventura di Renata Polverini. D’altronde Pirozzi non fa altro che ripeterlo: “Io sono un mister, il mister fa squadra”. Il mister, appunto, non i giocatori. Ai tifosi della Nazionale ricorderà di certo qualcosa.