I ragazzi della Quarta A Elettrotecnica dell’Istituto Avogadro di Torino hanno solo diciassette anni ma contribuiscono alla ricerca scientifica costruendo a scuola, primi in Italia, le Cosmic Box che misurano l’efficienza dei telescopi costruiti presso il CERN di Ginevra nell’ambito del progetto EEE (Extreme Energy Events) guidato dal professore Antonino Zichichi.
Realizzando le Cosmic Box su incarico del Centro Fermi, gli studenti dell’Avogadro “stanno facendo una cosa molto importante per noi”, dice Ivan Gnesi, che lavora a progetti di Fisica Nucleare e Particellare presso il Centro Fermi di Roma, il CERN di Ginevra, l’Università di Torino e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Spiega che EEE, nato per studiare i raggi cosmici che giungono dallo spazio remoto sulla Terra sotto forma di microparticelle dopo un viaggio di milioni di anni, “è un osservatorio esteso, copre più di 300mila chilometri quadrati con rivelatori di particelle che vantano le migliori precisioni al mondo per la misura del tempo”.
“Costruire rivelatori a scintillazione non è cosa di tutti i giorni”, aggiunge il professor Fabrizio Pusceddu, tre anni dedicati ai telescopi e guida del giovane team insieme a Tommaso Angileri, ex allievo dell’Avogadro e dottore in Fisica. “Nel campo della ricerca ho incontrato figure altamente specializzate – dice Pusceddu -. Questi ragazzi si sono dimostrati altrettanto seri e professionalmente maturi”. Ogni studente si è specializzato in una mansione lavorando anche in autonomia e ha proposto accorgimenti migliorativi. Giorgio, Luca e Alessio hanno tagliato il mylar, rivestito la piastra a scintillazione e schermato il tutto dalla luce, che comprometterebbe la misura.
I ragazzi per questo compito maneggiano componenti da migliaia di euro. Spiega Gnesi: “I materiali usati per la costruzione di rivelatori sono costosi per le caratteristiche fisiche che devono presentare e perché in ricerca raramente si utilizzano materiali di produzione industriale. La Cosmic Box utilizza la stessa tecnologia a scintillazione scelta per il rivelatore a bordo della spedizione scientifica Polar Quest che da luglio 2018 studierà, oltre ai raggi cosmici intorno al Polo nord, l’inquinamento marino da microplastiche”.
Pusceddu parla degli studenti: Gabriele dimostra “precisione interminabile, voglia di costruire” e accuratezza nel verificare e approvare ogni singolo scintillatore. La “vivace capacità di Fabio di trovare soluzioni con semplici materiali comuni di laboratorio lo ha reso indispensabile per raggiungere l’obiettivo” mentre ”il profilo basso e devoto” di Stefano – che è anche giocatore di basket – “lo avvicina a un ricercatore moderno: ho visto crescere le sue capacità di analisi e la sua sensibilità con i numeri, tipico di un fisico da laboratorio”. Andrea definisce questa esperienza in poche parole: “responsabilità, collaborazione ma soprattutto fare qualcosa che non è scritto da nessuna parte ma solo frutto di prove e migliorie dettate da noi studenti”.
Per Zichichi “in questo tipo di attività i ragazzi sentono di essere diventati protagonisti nella costruzione di uno strumento e nella elaborazione di dati che sono alle frontiere del pensiero scientifico”. Il dirigente scolastico dell’Avogadro, Tommaso De Luca, non si sorprende “di quello che i ragazzi sanno evidenziare quando li tiri fuori dalla routine delle materie che si susseguono scandite dalla campanella e li guidi ad un approccio transdisciplinare al lavoro”.
Ritiene che il sistema attuale “possa essere mortificante, deresponsabilizzante, generico e che si debba cercare di scardinarlo, non per gli studenti, ma con gli studenti, tutte le volte che è possibile”. De Luca, umanista convertito all’istruzione tecnica, pensa che “lavorare a progetti laboratoriali esalti la formazione culturale della persona, la renda solida e di rilievo. L’amore della scienza – dice – non nasce varcando il portone dell’università. E’ la scuola che prima ha dovuto farlo nascere e allevarlo”.